Lettera aperta al Card. Ruini

Caro card. Ruini,

il tema della laicità è di nuovo al centro di molte discussioni che coinvolgono la società italiana nel suo complesso, ma in particolare le comunità di fede che in questa società desiderano testimoniare la loro fede e contribuire al bene comune. Anche se su posizioni diverse rispetto ai cattolici, gli evangelici italiani sono sensibili a far sì che l’Italia sia il Paese in cui laicità significhi rispetto delle convinzioni di tutti, possibilità per tutti di partecipare alla vita pubblica con la propria specificità, pari trattamento da parte dello Stato nei confronti di tutte le componenti della società.

Anche gli evangelici rivendicano la legittimità per le comunità di fede di partecipare alla vita pubblica nel quadro delle regole comuni e rispettando la distinzione tra lo stato e le comunità di fede. Anche gli evangelici respingono i tentativi di certa cultura laicista di situare le convinzioni religiose nel campo della vita privata e di precludere alle comunità di fede gli spazi pubblici del confronto ideologico e culturale. Anche gli evangelici credono che la laicità sia strettamente legata alla libertà di tutti e al rispetto del pluralismo.

In questo dibattito, talvolta acceso e spesso intriso di polemiche, fa piacere sentire affermare in ambito cattolico che la Chiesa cattolica “non intende rivendicare per sé alcun privilegio, ma soltanto la possibilità di adempiere alla propria missione nel rispetto della laicità dello Stato”. Sono parole perfettamente in sintonia con la nostra visione della laicità in cui le comunità di fede chiedono di poter svolgere la propria attività senza accampare trattamenti di favore da parte dello Stato e nel rispetto dell’attività di altri soggetti,

Proprio sulla base di questo principio, ci chiediamo e Le chiediamo perché in Italia alcune comunità religiose hanno un trattamento privilegiato rispetto alle altre. Più precisamente, ci chiediamo e Le chiediamo se la Chiesa cattolica non sia beneficiaria di qualche privilegio che la pone su un piano impari davanti allo Stato rispetto ad altre chiese, ad esempio.

Siamo perfettamente consapevoli che la storia dell’Italia ha attribuito e attribuisce alla Chiesa cattolica un ruolo religioso, culturale e sociale molto diverso rispetto a quello di altre chiese o comunità di fede di minoranza. Non si tratta di voler negare la storia e la realtà dell’influenza del cattolicesimo italiano nella vita del nostro Paese, né di voler oscurare la grande importanza che il cattolicesimo ha per la vita di milioni di italiani. Tuttavia, rimaniamo pensierosi e perplessi di fronte alla distanza che esiste, almeno ai nostri occhi, tra il principio sopra evocato e la realtà come la osserviamo.

Già la Costituzione della Repubblica Italiana riserva trattamenti diversi alla Chiesa cattolica (art. 7) e alle altre confessioni (art. 8). A partire da questa disparità, ne consegue, ad esempio, un “privilegio” della Chiesa cattolica nell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche. Altre disposizioni del regime concordatario, oggettivamente, pongono la Chiesa cattolica in una posizione molto diversa da altri soggetti religiosi per quanto riguarda le forme di finanziamento pubblico, l’accesso ai mezzi d’informazione di massa, la presenza dei segni del cattolicesimo nella vita pubblica e sociale.

Senza intenti polemici, desideriamo chiederLe il motivo della distanza tra i privilegi non richiesti e quelli effettivamente goduti. Inoltre, vogliamo chiederLe se non siano pensabili, da parte della Chiesa cattolica, forme di unilaterale abbandono di alcune posizioni di rendita di cui la Chiesa cattolica beneficia. Esse sarebbero la testimonianza più efficace e incontrovertibile della volontà di dare riscontro al fatto che la Chiesa cattolica “non intende rivendicare per sé alcun privilegio, ma soltanto la possibilità di adempiere alla propria missione nel rispetto della laicità dello Stato”.

Ci auguriamo di poter stabilire un dialogo con Lei su questi temi che ci coinvolgono da vicino in quanto cittadini e in quanto cristiani. Dal 1846, l’Alleanza evangelica opera per l’unità del popolo di Dio sulla base della confessione della fede cristiana e in vista della missione che Dio ha assegnato alla chiesa. Quella dell’Alleanza, presente in molti Paesi del mondo e in rappresentanza di 350 milioni di credenti, è una visione alla quale tutti noi siamo legati e per la quale preghiamo il Signore affinché ci conceda di servirlo secondo la sua volontà.

Ringraziandola per l’attenzione e in attesa di un Suo cenno di riscontro, la saluto a nome degli evangelici italiani che si riconoscono nell’Alleanza evangelica

Past. Roberto Mazzeschi

Roma, 28 novembre 2005

Alleanza Evangelica Italiana
Vicolo S. Agata 20
00153 Roma