Ideaitalia - Nuova serie, Anno II · n. 1 · 4 gennaio 2018

 

“Pellegrini e forestieri” il tema della SMP dell’Alleanza Evangelica

Dal 7 al 14 gennaio 2018

Roma (AEI), 4 gennaio 2018 – Si terrà dal 7 al 14 gennaio la Settimana Mondiale di Preghiera (SMP) indetta dall’Alleanza Evangelica. A partire dal 1861, l’Alleanza promuove la Settimana Mondiale di Preghiera nella prima metà del mese di gennaio. All’inizio fu qualcosa di rivoluzionario, perché i suoi ideatori erano convinti che, senza dover rinunciare alla propria specifica identità, fosse possibile a credenti di diverse chiese, uniti dalla stessa fede nel Gesù presentato nelle Scritture, fraternizzare attraverso la preghiera.

Si trattava, non di pregare per ritrovare un’unità perduta, ma di rallegrarsi piuttosto perché si era uniti in Cristo, nonostante diversità secondarie. L’Alleanza non nacque sotto la spinta di sollecitazioni burocratiche, o del bisogno di visibilità, o della possibilità di sentirsi più forti. Prese origine, invece, da un autentico fervore spirituale e dottrinale. Fin dal suo sorgere, l’Alleanza ha sostenuto la necessità del reciproco riconoscimento tra credenti sulla base di una comune piattaforma dottrinale. Essa non ha mai dato per acquisito il consenso né ha fatto conto che esista, ma ha piuttosto cercato di testimoniarlo.

La «Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani» (SPUC) patrocinata dal Consiglio Ecumenico delle Chiese e dalla Chiesa cattolica romana è nata molto più tardi (1958) per iniziativa del «Centro ecumenico per l’unità cristiana» di Lione. Le due iniziative hanno visioni dell’unità cristiana profondamente diverse e non devono essere confuse. La Settimana dell’Alleanza Evangelica si basa sull’unità tra i nati di nuovi, quella ecumenica sull’unità tra i battezzati delle chiese.

In genere, ogni anno un’Alleanza Evangelica di un Paese diverso provvede a fornire i materiali per la preghiera. Sono incoraggiati incontri tra credenti di chiese diverse e momenti speciali di preghiera all’interno delle singole chiese. Per la SMP 2018 i testi sono stati redatti dall’Alleanza evangelica spagnola e possono essere trovati sul sito dell’Alleanza Evangelica Italiana. Questa è l’introduzione:

Pellegrini e forestieri
“Ognuno è uno straniero, quasi ovunque”. Questo motto, diventato molto popolare un paio di anni fa, riflette una profonda verità biblica: come cristiani siamo stranieri in questo mondo, ci viaggiamo, ma questo mondo non è la nostra casa. Siamo sulla strada per una destinazione ben definita: la casa Celeste che Cristo ha costruito per noi.
Questa semplice e basica verità ha molte implicazioni:

1. I cristiani sanno che non saranno qui per sempre.
Questo è il migliore antidoto contro il rampante materialismo dei nostri tempi. Come cristiani, non dobbiamo porre la nostra fiducia né sperare nei risparmi, riserve o in splendide carriere. In questo mondo siamo solo di passaggio. Sappiamo che solo quello che investiamo nel regno di Dio avrà un valore eterno. Nessuno arrederebbe la stanza di un hotel come se dovesse vivere lì per sempre!

2. Il cristiano guarda al futuro.
La vita cristiana è paragonabile all’attesa di una vacanza in cui è tutto compreso e tutto pagato nel miglior hotel dell'universo, l’hotel che supera ogni immaginazione! C’è però un breve tempo da percorrere su questa terra, con lotte sì, ma ne vale la pena. Purtroppo molti cristiani hanno perso di vista la destinazione della loro fede. Questa destinazione finale ci aiuta a sopportare le difficoltà e le sofferenze. Non vediamo l'ora di arrivare ad un domani eterno e gioioso.

3. Un cristiano è in grado di valutare le cose correttamente.
Questa prospettiva aiuta a saper valutare le cose alla luce del loro valore futuro. Sono le cose eterne quelle che contano. Dovremmo chiederci costantemente: “Cosa posso fare oggi per la mia famiglia, i miei amici, i miei vicini che abbia un impatto eterno per la gloria di Dio?”

4. I cristiani possono sopportare le persecuzioni a causa dei loro valori.
Non tutti saranno d'accordo con il nostro punto di vista. Il fatto è che per molte persone e governi la fede nel Signore Gesù Cristo è vista come una minaccia. Costoro, intuitivamente, si rendono conto che Gesù è il Signore e che non condividerà la sua gloria con nessun altro. A volte resistere per la nostra fede può portare alla persecuzione o anche alla morte.

5. Il cristiano è misericordioso con lo straniero.
Essendo stranieri in questo mondo, possiamo simpatizzare con gli stranieri che Dio ha portato nei nostri paesi. Come cristiani siamo chiamati ad essere misericordiosi con gli stranieri mostrando loro la stessa misericordia che Gesù ci ha mostrato. È nostro privilegio invitarli e accoglierli nella nostra comunità di fede, affinché possano unirsi a noi sul nostro percorso verso la città eterna.

Incontri speciali di preghiera sono organizzati nei vari distretti per incoraggiare le chiese evangeliche a trovarsi per pregare insieme.


Quo vadis cittadinanza?

Un contributo evangelico al dibattito sullo ius soli

Roma (AEI), 4 gennaio 2018 – La Commissione etica e società dell’Alleanza Evangelica Italiana interviene sul dibattito riguardante la cittadinanza con una riflessione significativa (ndr).  

La discussione sulle modifiche alla legge sulla cittadinanza, con l’introduzione del cosiddetto ius soli, non ha finora prodotto nulla di concreto. Anzi, scomparso il momentum in cui la riforma della legge poteva essere approvata in coda a questa legislatura, difficilmente potrà esserlo nella prossima vista l’incertezza delle future configurazioni parlamentari.

Da più parti, le norme previste per l’acquisizione del titolo di cittadino, sono state lette, probabilmente in malafede e comunque in modo strumentale, come il pericoloso cavallo di Troia che permetterebbe a chiunque metta piede in Italia di diventare italiano. Ovviamente, non sono queste le intenzioni della proposta legislativa. E ridurre il dibattito democratico a un gioco a perdere in cui l’obiettivo sembra essere semplicemente l’appropriazione di un diritto (che naturalmente spetterebbe “a noi” e non “a loro”) è pura mistificazione [1]. Ma la riforma va fatta, e la legge va approvata al più presto, anche se l’etichetta di ius soli forse non è tra le più felici.

Il tema, però, pur avendo un’imprescindibile natura giuridica, non può svilupparsi senza una necessaria precisazione degli orientamenti culturali, un approfondimento degli aspetti religiosi e delle ricadute costituzionali che ne derivano. Infatti, il futuro della cittadinanza in un mondo sempre più turbolento e populista, segnato da un’ansia crescente da migrazioni, da una diffusa incapacità a vivere e governare le pluralità, dalla paura di subire una forzata marginalizzazione, risulta essere molto incerto.

L’Alleanza Evangelica Italiana [2] ha da tempo avviato una linea di riflessione con  diversi documenti [3], tra i quali si segnalano Immigrati e confini responsabili (2008) e Fratelli d’Italia: l’immigrazione come sfida per ripensare il Paese (2009) ai quali si rimanda per ulteriori approfondimenti. Allo stato attuale, almeno tre possono essere le coordinate di un contributo evangelico al tema della cittadinanza.

Una cittadinanza plurale
In un contesto socialmente fluido e culturalmente dinamico come il nostro, però, non sono utili le semplificazioni [4]. Infatti, è da respingere il tentativo - settario e riduttivo - di definire univocamente la cittadinanza quale espressione principe dell’identità di una Nazione, privilegiando spesso appartenenze religiose, presupponendo legami valoriali con i già residenti, l'uso compiuto della lingua, l'abitudine e il gusto per le tradizioni e il modo di vivere locale, ecc.
La cittadinanza nel XXI secolo non può che avere un profilo multidimensionale: riguarda lo status giuridico e il coinvolgimento civile, i diritti e i doveri, l’identità e le appartenenze, le virtù pubbliche e l’impegno sociale, l’equità e la responsabilità verso il bene comune. E tutti questi elementi sono da valorizzare, in una cornice di naturale pluralità culturale e confessionale.

Una cittadinanza propositiva
Nella prospettiva cristiana, la cittadinanza è inoltre da intendersi come status politico e vocazione morale piuttosto che come santificazione del folclore nazionale o come mero possesso di un passaporto. Essa non si sostanzia solo nel paniere di diritti che dovrebbe caratterizzare l’individuo nella sua autonomia, magari proteggendolo dall’azione estensiva e penetrante dello Stato, ma anche come dovere condiviso orientato alla realizzazione della giustizia e del bene comune in una nazione.

Alcune conseguenze derivano dallo scenario appena delineato.
In primo luogo, come motore della società civile, l’esercizio della cittadinanza genera corresponsabilità - con le istituzioni, i corpi intermedi, gli individui - degli esiti di tutti quei processi democratici necessari alla realizzazione del bene comune; finalità, queste, che nessun Paese può realizzare senza il coinvolgimento attivo di tutti gli attori della società civile e senza la ricerca di negoziazioni sostenibili e di compromessi accettabili.
In secondo luogo, essere cittadini implica anche diventare corresponsabili dell’implementazione operativa e della realizzazione pratica del progetto di giustizia e di bene comune di un Paese.
Il dibattito, la critica, la mobilitazione, la protesta democratica e tutte le forme di mobilitazione pacifica sono dunque elementi che devono continuare a caratterizzare e valorizzare il profilo di una cittadinanza democratica, plurale e critica.

Una cittadinanza protettiva
La cittadinanza garantisce, inoltre, uno status personale che, fra le altre cose, crea i presupposti per proteggere le persone dalle fragilità e dalle vulnerabilità che caratterizzano i ceti più deboli e le periferie sociali. A partire dai minori.
Mantenere una sottoclasse di individui in condizione di vulnerabilità sociale, di precarietà economica e culturale è contrario ad ogni articolazione moderna dei diritti umani e rischia di produrre pericolosi fenomeni didumping sociale. In tale cornice la contrapposizione tra interessi degli italiani più sfortunati e gli interessi dei migranti non può che dissolversi.

La riforma della legge sulla cittadinanza, allora, se qualificata in una prospettiva plurale, orientata verso la giustizia, la responsabilità e il bene comune, segnata dall’attenzione per i più deboli e vulnerabili può contribuire davvero a creare le condizioni per un mondo sociale più eguale e più giust

[1] Nei testi biblici, l’elemento determinante per definire il trattamento riservato agli stranieri non è l’etnicità. Non c’è, poi, nessuna differenza tra ger e nokri – le due principali parole per descrivere le categorie di stranieri e migranti nella Bibbia. Ad essere determinante era la motivazione e l’auto-identificazione. In ogni caso, l’indicazione è chiara: “Vi sia un'unica legge per il nativo del paese e per lo straniero che soggiorna in mezzo a voi” (Esodo 12,49). Ed è in questa cornice che le responsabilità sono articolate e precisate.
[2] Cfr l’utile documento dell’Alleanza Evangelica Europea, EEA Asylum Crisis Advocacy: policy positions, 2016.
[3] Si veda anche Stranieri con noi, Supplemento n. 7, Studi di teologia, 2009.
[4] Dimentichiamo facilmente che senza dinamiche migratorie, le chiese in particolare e il cristianesimo in generale non avrebbero avuto il profilo globale e universale che caratterizza la fede cristiana. Su questo punto risulta molto interessante il lavoro di Elaine Padilla e Peter C. Phan (a cura di), Christianities in Migration: The Global Perspective, New York, Palgrave Macmillan, 2016.


Sit-in di preghiera in favore della libertà religiosa in Kazakistan

Giovedì 11 gennaio alle 12.00

Roma (AEI), 4 gennaio 2018 – L’AEI, da sempre sensibile al tema della libertà religiosa in Italia e nel mondo, organizza un sit-in di preghiera per giovedì 11 gennaio prossimo alle ore 12,00 presso l’Ambasciata del Kazakistan in Italia, a Roma (Via Cassia, angolo Via Cassia Nuova), per accendere i riflettori sulla delicata situazione che si sta verificando nel paese e che minerebbe ulteriormente la libertà di culto di molte realtà religiose, comprese quelle evangeliche.

L’iniziativa si è resa necessaria in seguito alla presentazione di una bozza di modifica dell’attuale legge sulla Libertà Religiosa, che prevederebbe ulteriori restrizioni e divieti per tutte le minoranze religiose. Al momento solo la religione Islamica e la Chiesa Ortodossa godono di un riconoscimento nazionale. Le restrizioni si andrebbero ad aggiungere a quelle già previste dalla legge in corso, approvata nel 2011, e che già viola gli accordi internazionali sui diritti umani. Il Kazakistan è inserito nella “World Watch List” di Porte Aperte al 43° posto.

Il sit-in si inserirà nel contesto della Settimana Mondiale di Preghiera dell’Alleanza Evangelica, che quest’anno si svolgerà tra il 7-14 gennaio.  Un incontro sarà richiesto con l’Ambasciatore del Kazakistan per rappresentare la preoccupazione degli evangelici italiani e per perorare la causa della libertà religiosa. L’Alleanza Evangelica invita tutti gli evangelici italiani ad unirsi in preghiera, e laddove possibile a partecipare al sit-in, prendendo a cuore e tenendosi informati sulla situazione dei nostri fratelli in Kazakistan.


Gli evangelicali praticano “un’interpretazione letterale?”

Una precisazione del presidente dell’AEI Giacomo Ciccone

Roma (AEI), 4 gennaio 2018 – Nel corpo di un articolo del NEV “Gli evangelicali italiani accusano l’Alleanza Evangelica Mondiale: troppo ecumenica” (13/12/2017) che dà un resoconto della lettera aperta inviata all’AEM da parte delle Alleanza evangeliche italiana, spagnola, albanese e maltese sugli scivolamenti ecumenici di questo organismo internazionale, l’evangelicalismo viene definito come quella ““corrente conservatrice che pratica un’interpretazione letterale delle Scritture”.

Siccome il ricorso alla “interpretazione letterale”, talvolta ulteriormente caricata in “letteralista”, è spesso usata dagli ambienti ecumenici per descrivere il movimento evangelicale, Giacomo Ciccone, presidente dell’AEI, ha inviato una nota al NEV che riportiamo:

“Mentre desidero ringraziarvi di cuore per l'attenzione che avete riservato alla lettera aperta che abbiamo promosso a livello internazionale assieme ad altre Alleanze Evangeliche, voglio esprimere una brevissima considerazione rispetto ad un passaggio dell'articolo che ci identifica col praticare  "un’interpretazione letterale delle Scritture".

Ebbene, vorrei sottoporvi un nostro documento congiunto dell’Alleanza Evangelica Italiana e della Federazione delle Chiese Pentecostali del 2013 che ha uno spirito diametralmente opposto alla connotazione dell'articolo.

In effetti, il documento "La Scrittura e lo Spirito Santo" (Ideaitalia XVIII, 2014/1, pp. i-iv) nel suo paragrafo 2.4 si esprime così:

La guida dello Spirito nell’interpretazione non può essere una scusa per evitare l’impegno ermeneutico sul testo biblico.  D’altra parte, ogni “critica biblica” che non interpreti la Scrittura in modo “spirituale” rischia di ridursi ad un mero esercizio di speculazione intellettuale.
Ciò comporta che l’interpretazione letteralista, quando non è la Bibbia stessa ad indicare una lettura del testo in chiave letterale, sia nociva per una corretta comprensione della Scrittura. Il letteralismo è una chiave di lettura che comprime ed appiattisce la ricchezza del testo biblico che è invece composto di vari generi letterari, tra cui la narrazione, la poesia, i proverbi, gli inni, le epistole, l’apocalittica, e quindi deve essere letto rispettando questa varietà.
Ciò comporta altresì che ci si debba guardare dalla tentazione in cui può incorrere il metodo storico-critico quando pretende di vivisezionare il testo biblico mettendone in discussione l’ispirazione divina e quindi anche il carattere soprannaturale. Come dicevano i Riformatori, Scriptura sui ipsius interpres, la Scrittura si interpreta da se stessa, nel senso che vanno cercati in essa i criteri per una giusta interpretazione.

Certo che saprete prendere nota di questa precisazione per il futuro, ringrazio la vostra redazione per l'importante lavoro che svolgete con professionalità e passione”.

A proposito delle diverse letture della Bibbia presenti nel protestantesimo, nel 2000 vi fu l’occasione di un confronto teologico tra l’Alleanza Evangelica Italiana e la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia proprio sul tema. Le tesine introduttive dell’AEI, “L’autorità della Bibbia alla base della fede evangelica rappresentata dall’AEI”, rimangono un documento di riferimento.


In memoria di R.C. Sproul (1939-2017)

Architetto della “Dichiarazione di Chicago” sull’inerranza biblica del 1978

Roma (AEI), 4 gennaio 2018 – Proprio alla conclusione del 2017 è andato col Signore il teologo nordamericano R.C. Sproul (1939-2017), fervente divulgatore della fede evangelica classica e al centro della risorgenza della teologia evangelico-riformata nel secondo dopoguerra. Un ampio articolo di Stephen Nichols sull’eredità spirituale di Sproul è disponibile in italiano sul sito della casa editrice Coram Deo. Autore prolifico e abile comunicatore, in italiano sono stati pubblicati i suoi volumi: Sola fede. La dottrina evangelica della giustificazione per fede, Mantova, Passaggio 1999 e Giustificati per sola fede, Caltanissetta, Alfa & Omega 2002.

Di particolare importanza il suo impegno per affermare e difendere la dottrina della inerranza della Bibbia, la convinzione secondo la quale la Scrittura non contenga errori e, positivamente, sia pienamente affidabile e veritiera in tutto ciò che afferma. Quest’anno ricorre il 40° anniversario della “Dichiarazione di Chicago” sull’inerranza (il testo è all’interno del volume Dichiarazioni evangeliche. Il movimento evangelicale 1966-1996, a cura di P. Bolognesi, Bologna, EDB 1997, pp.  132-145) di cui Sproul fu tra i promotori. In essa si afferma che “coloro che dichiarano di credere in Gesù Cristo come Signore e Salvatore devono mostrare di essere veramente suoi discepoli sottomettendosi alla Parola scritta di Dio umilmente e fedelmente”.


A cura dell’Ufficio stampa dell’Alleanza Evangelica Italiana
Tel. redazione: (+39) 333 8558174
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www.alleanzaevangelica.org
Redazione: Lucia Stelluti, Chiara Lamberti, Leonardo De Chirico, Giovanni Marino, Stefano Bogliolo, Sergio De Blasi, Carine Francq.

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