DDL omotransfobia (III): “Fermi nella fede e pronti al dialogo”

Un’intervista del vice-presidente Leonardo De Chirico a Real Inside

Roma (AEI), 3 luglio 2020 – In vista del dibattito pubblico di oggi, il vice-presidente dell’AEI Leonardo De Chirico è stato intervistato da Alessandro Iovino per Real Inside. Riportiamo i passaggi salienti dell’intervista:

Prof. De Chirico, questo ddl sta facendo molto discutere tanto da spingere molte chiese ad organizzare eventi di approfondimento e pubblico dibattiti. Il vostro però sembra l’unico proiettato al confronto, anche con chi ha promosso questo ddl. Perche’ quindi avete deciso di organizzare come Alleanza Evangelica Italiana questo dibattito?
Già nel 2014, quando la discussione pubblica sul contrasto all’omotransfobia si accese intorno alla proposta Scalfarotto, l’AEI pubblicò un documento e organizzò un dibattito plurale per dialogare con le parti e rappresentare una proposta per ovviare ai rischi contenuti in quella proposta. Un cosa simile è avvenuta nel 2015 sulle unioni civili e su altri temi sensibili. Non è una novità. E’ lo “stile” evangelico di stare sulla piazza pubblica: fermo sulle convinzioni, in grado di dialogare pubblicamente con tutti, portatore di quel “lievito” che può sembrare poca cosa, ma che in realtà ha la capacità di contribuire al bene di tutti. Ci rendiamo conto di essere una minoranza spirituale e culturale nel Paese, ma l’evangelo che professiamo ci incoraggia a pensare ed agire in grande, superando le rigidità di chi (come certa cultura cattolica) si sente o si sentiva maggioranza e vede minacciato questo ruolo dai cambiamenti nella società.

Come giudica invece chi nel mondo evangelico utilizza un linguaggio religioso enfatico evocando scenari apocalittici?
In tutti i tempi di percepita “crisi” c’è la tendenza a ricorrere al linguaggio apocalittico e a cercare lo scontro con l’avversario di turno. Certamente viviamo una crisi che è spirituale e culturale. E’ indubbio che vi siano spinte culturali volte a “decostruire” la società come la conosciamo e a ricostruirne una diversa. Tutte le ideologie vogliono plasmare la società: è stato così dal peccato di Adamo ed Eva in poi. In epoca moderna, la Rivoluzione francese ci ha provato, così come i comunismi, il nazi-fascismo, ma anche il capitalismo globale. Ora ci prova l’ideologia gender che ha come sfondo il post-umanesimo. Gli “ultimi tempi” sono iniziati dalla venuta del Signore Gesù e continueranno sino alla sua seconda venuta. Quella di oggi è una delle tante picconate ideologiche con cui un pensiero che non si sottomette a Cristo cerca di costruire un mondo diverso da quello creato e redento da Cristo Gesù. Non è il primo e non sarà l’ultimo tentativo. Noi dobbiamo essere vigilanti, all’erta, ma sempre dentro la tela dell’evangelo che non confonde la “società cristiana” ereditata dalla storia con il regno di Dio.

Non pensa che il mondo evangelico possa essere strumentalizzato politicamente in questa fase?
Il rischio c’è sempre, qualunque cosa si faccia pubblicamente. Ci sono modi per provare a circoscriverlo: ad esempio, elaborare documenti propri che esprimano un pensiero biblico ed informato senza fare copia e incolla con testi che nascono dalla difesa dell’“Italia cristiana” (che vuol dire “Italia cattolica”) e che nascono dalla nostalgia di una cattolicesimo romano come “anima della nazione”. Oppure, provare a dialogare con le parti che sostengono posizioni avverse, mostrando quindi il desiderio di interloquire direttamente e di incidere nel dibattito. Ancora, mentre si fanno certe battaglie per la difesa della vita e della famiglia (che ci avvicinano al mondo cattolico), impegnarsi al contempo in battaglie per il pluralismo religioso (che ci avvicinano al mondo laico) in modo da non essere intrappolati nella contrapposizione manichea che la retorica del cattolicesimo conservatore o del laicismo vorrebbe dipingere. L’identità evangelica sfugge dalla semplificazione che divide le posizioni tra “conservatori” e “progressisti”.

Cosa risponde a chi sostiene, con un po’ di fatalismo, che la chiesa debba solo pregare e non interessarsi alla vita politica del paese?
La nostra responsabilità è profetica (annunciare la verità dell’evangelo), sacerdotale (pregare per il prossimo e amare l’avversario) e regale (testimoniare nelle nostre vite e nelle nostre chiese l’ordine di Dio per il bene di tutti). Dire che dobbiamo solo pregare è scegliere una sola delle nostre responsabilità cristiane, a scapito delle altre. Non ci è consentito di fare questo: sarebbe un modo di contraddire il mandato che il Signore ci ha affidato. Pregare ha senso cristiano se, al contempo, si tiene alta la Parola della vita nella chiesa e nella piazza pubblica e se si mostra quanto l’evangelo sia generatore e moltiplicatore di bene.

Le chiese ed i credenti devono davvero preoccuparsi se questo ddl venisse approvato?
Certamente sì. Mentre si deve concordare sulla necessità di proteggere tutte le persone, la tutela non deve andare a discapito della libertà di pensiero, di parola e di educazione. Con il ddl sarà reato “discriminare” le persone LGBTI, ma cosa vuol dire “discriminare”? Sarà reato dire pubblicamente che l’omosessualità (come del resto l’adulterio e la fornicazione) sono peccati secondo la Bibbia? Sarà considerato discriminatorio, quindi reato, dire che i bambini hanno diritto ad avere un papà e una mamma? Come dice il documento AEI, “In una società laica e plurale, deve essere riconosciuto a tutti il diritto di pensare e di esprimere le proprie convinzioni, anche in materia di orientamento sessuale. La legge non può impedire che alcuni cittadini, associazioni, chiese e gruppi sociali chiamino “peccato” e pertanto denuncino come immorale un comportamento che la loro fede e la loro coscienza ritiene tale. Il punto sta nel creare le condizioni di un dibattito pubblico che può essere aspro, ma sempre rispettoso delle persone, di tutte le persone, non nel sanzionare chi la pensa diversamente dall’ideologia del ‘politicamente corretto’”. Il rischio dell’imposizione col codice penale del “pensiero unico” in materia sessuale è reale. Noi vogliamo una società libera e plurale: come evangelici italiani, dopo essere stati vittime per secoli di una istituzione religiosa oppressiva, non vogliamo cadere nelle grinfie di una ideologia gender liberticida.

Il mondo evangelico secondo lei può fare fronte comune con quello cattolico su questi temi?
Uno dei più grandi apologeti della fede evangelica del XX secolo, Francis Schaeffer (1912-1984) parlava della possibilità di “co-belligerenza” tra credenti evangelici ed esponenti di altre culture e religioni, cioè la possibilità di collaborare in battaglie culturali su punti di interesse comune. Sulla vita e sulla famiglia, ad esempio, si può e si deve cercare una rete di collegamento con altri mondi, non solo quello cattolico. Attenzione però: il mondo cattolico particolarmente attivo in questa battaglia è lo stesso che difende i crocifissi nelle aule pubbliche e l’ora di insegnamento confessionale della religione cattolica nelle scuole statali pagata coi soldi di tutti. E’ lo stesso mondo che, coi rosari sventolati nelle piazze come simboli identitari, ostacola il pieno pluralismo religioso in Italia. Si può e si deve collaborare su singoli punti, ma sempre facendo attenzione a non confondere la “societas christiana” che prevede privilegi per la Chiesa di Roma coi valori dell’evangelo.