Le Dichiarazioni evangeliche II, carta d’identità dell’evangelismo contemporaneo

Un’intervista a Pietro Bolognesi, curatore del volume

Roma (AEI), 16 ottobre 2017 – L’uscita delle Dichiarazioni evangeliche II rappresenta un momento alto per l’editoria ma anche per la testimonianza evangelica. Considerato lo spessore di questo secondo volume di dichiarazioni, a vent’anni dal primo, abbiamo colto l’occasione di intervistare il prof. Pietro Bolognesi, teologo evangelico italiano e curatore di entrambi i volumi.

1. Le DE II sono uno specchio del movimento evangelicale. Quali sono i tratti che sembrano emergere a livello globale?
Quello evangelicale è giustamente un movimento e anche la documentazione riprodotta in questo secondo volume rimanda a una certa varietà d’interessi. E’ però possibile cogliere alcuni tratti essenziali.
Un primo elemento riguarda l’esistenza di uno zoccolo duro dell’evangelicalismo. Come si sa, esso continua a essere un fenomeno in forte crescita e i media danno talvolta l’impressione di una realtà abbastanza debole sui contenuti della fede. La spettacolarità di certi fenomeni sembra lasciare da parte i punti distintivi di cui l’evangelicalismo è interprete. Ciò può avvenire anche a prescindere da una piena consapevolezza delle persone, ma il fenomeno evangelicale è riconducibile a un denominatore comune. Questo secondo volume di Dichiarazioni evangeliche sembra attestare che il mondo evangelicale rimane caratterizzato da un vero e proprio profilo dottrinale. Rispetto all’indebolimento generalizzato del pensiero e delle convinzioni, il mondo evangelicale lascia trapelare un nocciolo dottrinale e identitario ben definito.    
Un secondo elemento è il riferimento alla Riforma protestante del XVI secolo. Malgrado le numerose pressioni di tipo pragmatico provenienti da paesi in via di sviluppo, i nodi della Riforma rimangono un presupposto ricorrente. Come si ricorderà, il primo volume attirava l’attenzione sul rischio che i cinque “sola” tradizionali subissero un fenomeno erosivo e questo secondo volume s’interroga sul venir meno delle istanze proprie alla Riforma. La Riforma rimane quindi un chiaro punto di riferimento. Quanto quelle convinzioni influenzino la vita delle comunità locali, è una questione più pastorale: si deve però ammettere che i temi relativi alla Riforma costituiscono un radicamento da cui non si può prescindere.  

2. Le DE II coprono l'ultimo ventennio. Rispetto al cattolicesimo di papa Benedetto e ora Francesco, e rispetto alle tendenze del Consiglio Ecumenico delle Chiese, quali sono le convergenze e le differenze?
Anche se il mondo evangelicale rimane un fenomeno poliedrico, si possono forse fare un paio di osservazioni.
In un contesto che sembra valorizzare le diversità e i macro scenari, il mondo evangelicale ha forse prestato maggiore attenzione alla sensibilità ambientale, alla dimensione creazionale e alla solidarietà nell’ambito delle discriminazioni socio-politiche. Questo ha permesso forme di cobelligeranza su alcuni di questi fronti. In un contesto segnato da sentimenti pragmatici, il tema di una riconciliazione più generale sembra registrare una certa attrazione. Qualche settore pare essere stato ammaliato da certe iniziative conciliatorie, ed è apparso più sensibile alle pulsioni inclusive provenienti dal mondo cattolico e dal Consiglio Ecumenico delle Chiese.
DE II testimonia di una componente che, pur ammettendo forme di cobelligeranza, ha esercitato il discernimento teologico per mantenere posizioni ferme e definite. Un documento come “La Riforma è conclusa?”, sottoscritto da centinaia di teologi e pastori, dice qualcosa di questa percezione e di questa volontà di mantenere un rigoroso radicamento nel messaggio della Riforma e quindi nelle istanze del cristianesimo primitivo.

3. Perché è importante l'opera di documentazione rappresentata sia da DE I che da DE II?
Prima di tutto perché è come una carta d’identità del mondo evangelicale. Si ha la possibilità di presentarsi all’esterno con una dignità culturale meritevole di considerazione. Rispetto ad autopresentazioni localistiche e marginali, c’è finalmente una possibilità di fornire una presentazione dal profilo globale. Uno strumento utile a evitare la diffusa frammentarietà e il provincialismo.
Secondo perché aiuta il mondo evangelicale a fare memoria. La fisionomia evangelica si nutre di un retroterra di spessore che sarebbe ingenuo ignorare. Gli evangelicali non sono una setta priva di memoria, o una realtà riconducibile a qualche personaggio carismatico. Sono una realtà spirituale che affonda le proprie radici nei grandi pilastri della tradizione cristiana. Non c’è solo la storia personale. Non c’è solo la storia biblica col suo piano redentivo. C’è anche la storia che collega la realtà attuale alla Scrittura. Grazie a questa storia è possibile collegare il presente ai momenti di Risveglio e alla Riforma del XVI secolo per giungere, attraverso i Padri, fino ai tempi apostolici. Si tratta di una continuità estremamente feconda per un movimento apparentemente moderno come l’evangelicalismo.  

4. Veniamo all'Italia. Per quale ragione il mondo evangelico italiano avrebbe molto da imparare dall'assimilazione delle DE?
Il primo motivo per cui bisognerebbe assimilare il contenuto delle DE è il profilo apologetico. Esso costituisce uno strumento per porsi con dignità nel dibattito pubblico. Il mondo evangelicale si è caratterizzato per tutta una serie di prese di posizione che meritano grande attenzione e che andrebbero meglio conosciute nell’incertezza del tempo presente. Questo discorso vale anche nei confronti delle altre componenti del mondo religioso che sono talvolta disinformate sulle vere convinzioni del mondo evangelicale. Ma ci si rende conto della ricchezza e dello spessore che caratterizza la visione evangelicale? In altri paesi la componente evangelicale ha acquisito una rispettabilità non solo ecclesiale, ma anche accademica e culturale. In Italia c’è ancora troppa ignoranza. Una minoranza che voglia essere significativa ha bisogno di attingere a certi temi e a certo materiale.
Il secondo motivo per cui bisognerebbe assimilare il contenuto delle DE è il profilo pastorale. Le difficoltà legate all’integrazione spingono talvolta le comunità verso forme di localismo e favoriscono atteggiamenti autoreferenziali. Questo è abbastanza tipico per realtà minoritarie. Accanto a questo tipo di compressione, c’è la tendenza latina che favorisce l’individualismo degli autodidatti. L’assimilazione delle DE permette invece di allargare la visione vincendo condizionamenti provinciali. Esse permettono di collocarsi nel mondo di Dio con maggiore serenità. Lui sta agendo in altri contesti con molta maggiore forza ed evidenza, e di questo c’è da esserne più coscienti e grati.
Il terzo motivo riguarda la dimensione ecumenica della fede evangelicale. Malgrado la sua parcellizzazione e la sua dispersione in tanti rivoli, è bello rendersi conto che esiste un ecumenismo della Parola. Chi si sofferma sui vari documenti si stupirà nel rendersi conto che anche in contesti fisicamente, geograficamente ed ecclesialmente diversi si staglia una comune matrice riconducibile alla medesima Parola.

5. Come può una chiesa locale beneficiare dalle DE e valorizzarle nel proprio ambito di testimonianza?
Il primo suggerimento ha a che fare con l’autopresentazione pubblica. Accade che le comunità evangeliche suscitino l’attenzione delle autorità locali: sindaci, assessori, funzionari. In molte occasioni c’è stata la tendenza a presentarsi facendo dono alle varie autorità di un esemplare della Bibbia. Nulla da eccepire. Ma perché non fare omaggio di Dichiarazioni evangeliche? Esse si presentano come un biglietto da visita di tutto rispetto e permettono di collocare le realtà locali nel loro più vasto contesto internazionale. Iniziative di questo genere sono state molto apprezzate dalle autorità locali, spesso disinformate sullo spessore del mondo evangelicale. In questo modo hanno permesso una lettura meno provinciale delle realtà evangeliche.
Il secondo elemento da tenere presente riguarda la legittimazione accademica. Forse non molti evangelici se ne rendono conto, ma queste DE vengono pubblicate dalla stessa casa editrice e nella stessa collana editoriale in cui vengono pubblicati i documenti del Vaticano. In un contesto che tende sempre a considerare “setta” tutto quello che non è cattolico, questa iniziativa editoriale ha una ricaduta simbolica non indifferente. La documentazione attesta la serietà del mondo evangelico. Non è un inciucio. I documenti non fanno alcuna concessione e non hanno carattere compromissorio. Il fatto che siano pubblicati in quella collana sottolinea la credibilità del profilo evangelicale, che ha pieno diritto di cittadinanza nella nostra società.
Il terzo suggerimento ha a che fare con la catechesi. Chi prende un po’ di tempo per leggere qualcuno dei documenti pubblicati, si renderà conto della loro funzione formativa. Certi temi sono affrontati in modo didattico offrendo piste interessanti per l’elaborazione identitaria. Cosa studiano i gruppi di giovani nelle chiese? Perché non tentare di approfondire il contenuto di qualche documento in gruppi di studio biblico? Talvolta, anche a causa dei vari gruppi esistenti nelle chiese, si ha difficoltà a trovare strumenti che favoriscano la coesione ecclesiale. Ecco allora uno strumento utile in chiave catechetica, unitaria e stabilizzatrice.