Testamento biologico: vuoto colmato e obbiettivo raggiunto da presidiare

La Commissione etica e società dell’AEI sull’approvazione della legge  sulle DAT

Roma (AEI), 18 dicembre 2017 – In seguito all’approvazione  in Senato del DDL su "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento" (DAT) il 14 dicembre 2017, la Commissione etica e società dell’AEI:

Richiama la linea di riflessione evangelica già da tempo avviata in Italia con  il documento del Centro Studi di Etica e Bioetica di Padova “Eutanasia”, Studi di teologia – Suppl. N. 1 (2003) pp. 2-12; “Chi può staccare la spina? Perché la si mantiene attaccata?” (24/10/2003); G. Riccioni, Il dibattito sull’eutanasia, Roma-Chieti, GBU 2004; la voce “Eutanasia” del Dizionario di teologia evangelica, a cura di A. Ferrari, P. Bolognesi, L. De Chirico, Marchirolo (VA), EUN 2007, pp. 262-263; A. Racca, “Dichiarazioni anticipate di trattamento” (2009); Commissione etica e società – AEI, “Testamento biologico come strumento di responsabilità” (20/03/2017).

Accoglie favorevolmente il compimento dell’iter parlamentare del DDL sino alla sua promulgazione. Il vuoto legislativo pre-esistente non era colmabile solo dall’invocazione dell’art. 32 della Costituzione né da regolamenti deontologici della professione medica (che già di fatto recepiscono le DAT, vedi Federazione Nazionale degli Ordini dei MediciChirurghi e degli Odontoiatri).

Apprezza il fatto che la legge sia costruita sull’alleanza terapeutica tra paziente e medico a partire dall’art. 1 sul consenso informato fino alla pianificazione condivisa delle cure dell’art. 5. L’idea che il medico diventi mero esecutore testamentario è fuorviantemente riduttiva in questa cornice. Il medico è semmai richiamato a un’azione di cura di ampia portata e in sinergia con altre figure. Questa legge non solo tutela il paziente ma anche il medico. Se da un lato il medico è tenuto a rispettare le volontà espresse dal paziente, esentandolo da responsabilità civili e penali, dall’altro il paziente non può esigere trattamenti contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali e queste richieste possono essere disattese (art. 1, comma 6). Quest’ultimo passaggio garantisce de facto l’obiezione di coscienza personale;

Riconosce come coerente la formulazione della nutrizione e dell’idratazione artificiali (NIA) quali trattamenti sanitari veri e propri. Riconosce altresì come giustificata la possibilità di rifiutarli nella fase terminale della vita. La richiesta di sospensione giustamente non si configura come richiesta di morte, quanto come un atto preventivo rispetto all’accanimento terapeutico o ostinazione irragionevole. Ciò si allinea tra l’altro con quanto è  sempre più riconosciuto in letteratura nelle fasi terminali, e cioè che la NIA come pure la ventilazione forzata accentuino le sofferenze del morente e che quindi abbia senso ometterle.

Rammenta che il testo della legge non parla né di eutanasia né di suicidio medicalmente assistito. L’idea che questa legge sia il cuneo per il progressivo avvicinamento alla legalizzazione di pratiche eutanasiche è poco plausibile. È vero il contrario, cioè che la produzione e l’attuazione di una buona legge ora diminuisca poi in futuro il ricorso a provvedimenti normativi per la formulazione  di un’altra legge a sostegno dell’eutanasia. Impostare ora i nuovi termini del discorso significa impedire accelerazioni improvvise verso l’approdo, da alcune parti auspicato, di praticare l’eutanasia attiva e il suicidio medicalmente assistito. Questo strumento normativo va dunque presidiato da inopportuni trascinamenti.

Ribadisce la propria opposizione alla legalizzazione delle pratiche eutanasiche a chi ne faccia richiesta, nello stesso modo in cui si oppone moralmente al suicidio e all’omicidio. L’eutanasia attiva e il suicidio assistito rimangono soglie da non valicare se non a un altissimo prezzo per la società intera. Nel guardare alla legge, apprezza anche la cautela rispetto al ricorso alla sedazione palliativa profonda continua. Rimane questa una pratica liminale da monitorare con responsabilità.