Migranti e nuovi italiani

Migranti e nuovi italiani (1): il proseguimento di un percorso

Positivo il bilancio dell’incontro promosso dall’Alleanza Evangelica Italiana

Roma (AEI), 17 settembre 2018 – Il 15 settembre a Roma presso la Chiesa Apostolica di via Galvani si è un svolto un incontro sul tema “Migranti e nuovi italiani: quali responsabilità per le chiese evangeliche?” che ha riscontrato la partecipazione di diverse decine di pastori, delegati e rappresentanti di chiese etniche e italiane e agenzie missionarie operano nel settore dell’accoglienza. Dopo un benvenuto e il pranzo gustato insieme, il presidente AEI Giacomo Ciccone ha coordinato i molteplici interventi che avevano lo scopo di dare voce alle varie realtà rappresentate in modo da fornire all’AEI strumenti, suggerimenti e spunti per proseguire nella riflessione e nell’azione.

Più di 15 interventi si sono succeduti e hanno cercato di dare risposta alle seguenti domande: 1. Racconta e rappresenta brevemente la realtà di cui fai parte: quali le maggiori benedizioni? Quali le principali difficoltà?; 2. Cosa può fare la tua comunità per la chiesa evangelica italiana?: 3. Cosa può fare la chiesa evangelica italiana per voi in uno spirito di fraterna reciprocità e scambio di doni? Gli spunti emersi sono stati molteplici e molti hanno sottolineato il privilegio di poter partecipare ad un simile incontro. Per alcuni rappresentanti di chiese etniche era la prima volta che parlassero ad un uditorio composto anche da italiani ed era la prima volta che venisse loro chiesto di raccontare la loro storia e di contribuire al progresso dell’evangelo in Italia. Al termine dell’incontro, Ciccone ha dichiarato: “Credo che la direzione indicata oggi sia quella giusta. La presenza di credenti evangelici di recente arrivo e di nuovi italiani è una realtà e una risorsa per il regno di Dio. Anche il grande tema delle migrazioni, se visto in un’ottica del regno, rappresenta un’opportunità oltre a costituire una sfida per l’integrazione. L’AEI vuole continuare ad essere un luogo di incontro e di collaborazione tra evangelici accomunati dalla fede biblica in Gesù Cristo Signore e Salvatore e di testimonianza verso il mondo del suo vangelo”.


Migranti e nuovi italiani (2): la traiettoria promossa dall’AEI

Le tappe di un percorso in divenire

Roma (AEI), 17 settembre 2018 – Il tema dell’accoglienza e dell’integrazione non è nuovo nel cammino dell’Alleanza Evangelica. Al contrario si può dire che ha scandito gli ultimi 15 anni è più. Non poteva essere altrimenti, considerato la rilevanza del fenomeno delle migrazioni e l’attualità della responsabilità dell’integrazione in tutte le chiese evangeliche. Da più di vent’anni l’AEI promuove in Italia, in collaborazione con altre agenzie, la Giornata di preghiera per la chiesa perseguitata (IDOP) a metà novembre. Molto spesso, il tema dei migranti si intreccia con quello della persecuzione negli stati di provenienza. Dal 2015, l’AEI promuove la Domenica del rifugiato a metà giugno, un appuntamento delle Nazioni Unite per sensibilizzare al tema delle migrazioni, incoraggiando le chiese a specifiche sessioni di preghiera e di approfondimento nei culti domenicali.

2000
La Commissione Missioni dell’Alleanza Evangelica Mondiale promuove un convegno sui rifugiati a Izmir in Turchia (Ideaitalia IV/5, 2000, p. 2; V/4, 2001, p. 3)

2005
L’AEI si fa promotrice in Italia della Sfida di Michea, un ‘iniziativa per il raggiungimento degli Obbiettivi del Millennio dell’ONU, tra cui sono inclusi anche l’accoglienza umana di profughi e rifugiati (Ideaitalia IX/2, 2005, p. 4; X/1, 206, p. 7)

2008
Esce il documento AEI “Per il bene dell’Italia” in cui c’è una sezione sui poveri: “Il termine “poveri” include tutti coloro che sono poveri in diversi modi: affamati, senza casa, stranieri, vedove, orfani, malati, deboli, oppressi, prigionieri, ciechi, esclusi. Nella prospettiva biblica la povertà non è solo un fatto economico. I poveri sono coloro che mancano delle risorse sociali, economiche, politiche per realizzare e vivere la propria responsabilità e la propria vocazione. Il comandamento di prendersi cura dei poveri significa prendersi cura di coloro che soffrono. L'attenzione nei confronti dei poveri e delle povertà vecchie e nuove non può essere lasciato alle sole sensibilità individuale, ma richiede una azione sociale e politica forte, sostenuta dalla prospettiva della giustizia”.

2009
L’AEI organizza un seminario dal titolo “Stranieri con noi” il 16/1/2009 presso la chiesa battista di Trastevere, Roma, con questi obbiettivi: è possibile farsi un’idea del fenomeno in termini quantitativi?; è possibile fare tesoro delle esperienze già accumulate?; è possibile fare una mappatura della presenza evangelica suddivisa per area regionale e denominazionale?; è possibile costruire ponti di comunione e reti di collaborazione?; è possibile stabilire un forum con rappresentanti di chiese etniche? (Ideaitalia XIII/4, 2009, p. 2).  Al seminario partecipano più di 60 delegati e operatori con interventi di R. Mazzeschi, G. Rizza,, P. Schafer.

Esce il documento della Commissione etica e società dell’AEI “Immigrati e confini responsabili” (2008), pubblicato sul supplemento n. 7 a Studi di teologia (2009), pp. 28-30.

Paul Schafer viene nominato delegato dell’AEI per l’integrazione (Ideaitalia XIV/1, 2010, p. 4)

2011
Secondo seminario AEI sui temi dell’integrazione (18/6/2011) presso la chiesa battista di Trastevere con interventi di R. Mazzeschi e H.H. Lund (AEE). All’incontro partecipano anche esponenti politici di schieramenti diversi: F. Rocca e M. Staderini (Ideaitalia XV/2, 2011, p. 4).

2013
Una delegazione AEI incontra l’allora ministro Cécile Kyenge (30/7/2013). Al centro dell’incontro l’affermazione secondo cui “ogni chiesa evangelica è un piccolo ministero dell’integrazione” (Ideaitalia XVII/2, 2013, p. 11). Diversi incontri col ministero Kyenge sono tenuti in varie città.

2016
Dal mese di ottobre 2016 l'AEI partecipa regolarmente ad un appuntamento telefonico con cadenza mensile insieme ad altri rappresentanti di organizzazioni missionarie, agenzie e Alleanze evangeliche di diversi stati europei per confrontarsi sulla questione migranti.

2018
La Commissione etica e società dell’AEI dirama una presa di posizione sui temi della cittadinanza “Quo vadis cittadinanza?” (4/1/2018) in cui si sostiene la necessità di una cittadinanza plurale, propositiva e protettiva.


Migranti e nuovi italiani (3): nelle difficoltà si fa esperienza del corpo di Cristo

Una rassegna degli interventi ascoltati

Roma (AEI), 17 settembre 2018 – Un pastore cinese ha parlato di questo incontro come il “miracolo delle Nazioni unite del regno di Dio”. In Italia ci sono circa 80 chiese cinesi collegate tra loro per un totale di 20.000 credenti. Il tema ricorrente è come affrontare la transizione vissuta dalla seconda generazione quasi del tutto integrata linguisticamente e culturalmente in Italia.   

Poi è stata la volta dei rappresentanti filippine. Si contano circa 50 chiese composte da credenti filippini per un totale di circa 20.000 credenti. Il problema principale è quello della lingua  e di come raggiungere la generazione dei figli quando i genitori non parlano bene l’italiano mentre i figli sono scolarizzati in italiano ma non ricevono l’istruzione biblica in italiano. Si registra anche una volontà a ritrovarsi tra persone della stessa provenienza culturale mentre sarebbe opportuno aprirsi per diventare veramente diversi.

Un rappresentante di chiese iraniane ha chiesto preghiere per questi credenti vista la condizione di persecuzione da cui provengono e la necessità di protezione.

Dalla Romania erano presenti due rappresentanti che hanno dato testimonianza di una buona integrazione in corso. Le comunità dispongono di loro locali e avvertono meno la barriera linguistica e lo scarto con la seconda generazione. “Abbiamo portato valori spirituali in Italia e li abbiamo anche ricevuti”- è stato il loro commento conclusivo. I “nuovi italiani” evangelici sono una risorsa anche per le chiese italiane.

Dalla Nigeria un pastore che opera a Pescara ha sottolineato l’ostacolo della lingua nel processo di integrazione culturale e spirituale. “E’ importante che ci siano incontri come questo dove, anche se non parliamo bene la lingua, possiamo essere ascoltati e considerati”. Spesso le comunità nigeriane si trovano a dover fare i conti con persone che sono vittime della tratta umana finalizzata alla prostituzione.  

E’ stata poi la volta di esponenti di chiese a maggioranza latino-americana. Le esperienze sono diverse. Nelle chiese si sta sviluppando la lingua “itagnola”, un po’ italiano, un po’ spagnolo. I temi della precarietà del lavoro e della stabilizzazione sociale sono molto presenti, ma il desiderio è di non vivere in modo passivo la vita in Italia. Spesso gli stranieri sono vittima di pregiudizi, anche nelle chiese, ma bisogna superare i luoghi comuni per fare i conti con la realtà.

Dall’Ucraina, una rappresentante di chiese da quel Paese ha detto che molti “nuovi italiani” apprezzano in modo nuovo e diverso il fatto di essere il corpo di Cristo da quando sono in Italia. Essere a confronto con altre sorelle e fratelli apre orizzonti e spinge ad ampliare la comprensione del corpo di Cristo.


Migranti e nuovi italiani (4): voci dal territorio e da vari laboratori

La condivisione di lavori e progetti in corso

Roma (AEI), 17 settembre 2018 – L’incontro del 15/9 ha dato occasione a diversi ministeri e chiese impegnate a vario titolo nell’integrazione a condividere le esperienze fatte e quelle in corso. Tra queste GiM, ACP, Agape, Bethel Italia, Porte Aperte e IMB.

A Roma è da vari anni in corso un’opera costante di evangelizzazione nelle strade di migranti, profughi e rifugiati. Le persone incontrate, soprattutto di religione islamica, hanno bisogno di sentire l’amore di Dio. Sempre da Roma è stata raccontata l’esperienza del “Soggiorno”, un centro diurno in cui si ricevono decine di rifugiati all’insegna della dignità e dell’amicizia. Esperienze simili sono in corso, ad esempio,  a Como, Lecco, Ventimiglia e in varie località della Sicilia. Molte occasioni di testimonianza si aprono e l’attività è sostenibile e a basso impatto economico. Sono state ascoltate anche esperienze di chi, lavorando per CAF o organizzazioni non governative, fornisce servizi di assistenza legale o amministrativa. La app 5Fish è stata presentata come opportunità di evangelizzazione in 6000 lingue.

Il banco alimentare evangelico organizzato da Bethel Italia è stato anche oggetto di una presentazione. In questa iniziativa a sostegno di nuclei famigliari bisognosi sono collegate 80 chiese evangeliche appartenenti a 6 movimenti e 6000 nuclei famigliari in 14 regioni ne hanno beneficiato sin qui. Si tratta quindi di uno strumento per le chiese per essere una benedizione per le persone più bisognose.


Migranti e nuovi italiani (5): l’esperienza della Chiesa Apostolica

Una storia non trascurabile di integrazione

Roma (AEI), 17 settembre 2018 – Nel corso dell’incontro è intervenuto anche il past.  Andrea Thomas che ha voluto portare l’esperienza della Chiesa Apostolica. “L’inizio della Chiesa Apostolica in Italia risale al 1928, sebbene è nel dopoguerra (1948) che è iniziata una vera e propria espansione nazionale dall’unica comunità di Grosseto. L’apertura di comunità etniche nel nostro ambito risale al 1993 (una aperta a Ladispoli da A. Thomas e E. Edagha, l’altra a Verona da A. Arrigucci e I. Boateng), per difficoltà di culto congiunto e traduzione durante i culti. Di conseguenza a quelle, ne vennero aperte diverse altre in ambito africano (Ghana-Nigeria) nei seguenti anni, al punto che la Apostolic Church Ghana ne affiliò alcune (5) inviando un ministro a tempo pieno nel Veneto dal Ghana. Oggi (2017) ne abbiamo 4 nel Nord Italia (oltre le 5 ghanesi) e 3 al Centro. Almeno cinque comunità nigeriane sono state aperte all’estero come conseguenza di queste comunità nate in Italia.

Nel 1996 iniziarono anche due comunità di etnie diverse: Ebenezer a Roma, di lingua spagnola ed etnia latinoamericana, con Daniel Cipollone, e la comunità singalese di Brescia, con Sarath Fernando. Da lì, vi fu una crescita veloce, ed oggi abbiamo 13 comunità latinoamericane in Italia e 9 all’estero, piantate dall’Italia, in cinque nazioni di lingua spagnola; abbiamo inoltre 8 comunità di etnia tamil e singalese in Italia, da Nord a Sud (Brescia fino a Siracusa). Nell’ambito latinoamericano vi sono sette persone a tempo pieno che seguono le loro comunità, sostenute dalla Chiesa, e cinque sono dei missionari inviati dall’Italia.
L’attuale situazione vede in Italia 127 chiese apostoliche (+ 48 comunità associate) di cui circa 27 sono totalmente etniche, mentre in tutte le altre vi sono alcuni fratelli non di origine italiana. Oggi, circa 2.000 persone si identificano nelle chiese etniche della Chiesa Apostolica in Italia, quindi circa il 20% del totale dei nostri membri, escludendo le comunità associate, oltre ai fratelli di varie nazionalità nelle altre nostre comunità.

Tra le comunità associate, vi sono diverse comunità di origine brasiliana, col culto in italiano/portoghese; anche lì, si sta cercando di creare dei ponti con l’opera nazionale, perché nella “seconda generazione” tutti i figli e i giovani delle comunità partecipano a tutte le attività della Chiesa Nazionale in italiano, avendolo imparato qui, e spesso hanno già la nazionalità italiana. Quale futuro? Penso che la “seconda generazione” si integrerà bene nel tessuto italiano (circostanze permettendo) e lavorerà per delle comunità che hanno il culto in italiano, pur mantenendo contatti forti con le loro comunità di origine e nazionalità diversa”.


Migranti e nuovi italiani (6): tra memoria storica e responsabilità cristiana

Un contributo di Giancarlo Rinaldi

Roma (AEI), 17 settembre 2018 – In occasione dell’incontro del 15/9, Giancarlo Rinaldi, membro della Commissione statuto dell’AEI, ha inviato un utile contributo: “Bene ha fatto l’Alleanza Evangelica Italiana a dedicare una giornata finalizzata alla conoscenza delle comunità evangeliche di provenienza straniera che vivono in Italia. E bene ha anche fatto a connotare l’evento con i caratteri della ‘festa’. Trionfa così, infatti, non solo il senso della fratellanza tra chi condivide la medesima visione della vita ma anche l’interesse a conoscere che da noi è diverso. Quando si conosce l’identità dell’altro si approfondisce anche la propria, ci si avventura verso scoperte che in ogni caso ci completano e ci arricchiscono.

Soltanto per incidens ricordo che il primo antico embrione di presenze protestanti in Italia lo si ravvisa solitamente nelle comunità di stranieri che soggiornavano alla corte dei regnanti nell’Italia preunitaria. Si trattava, allora, di persone provenienti dai ben noti paesi protestanti dell’Europa: Svizzera, Inghilterra, Germania, etc. Oggi la nostra Europa soffre di un processo di progressiva, rapida scristianizzazione così che si profila un nuovo ingente flusso (certamente diversissimo da quello antico) di evangelici che provengono dall’Asia e dall’Africa, le nuovissime frontiere della missione cristiana. Per quanto ci si sforzi, dobbiamo ammettere che non esiste una pratica e una professione di fede “allo stato puro”: il nostro essere evangelici sarà sempre caratterizzato anche dall’apporto della nostra cultura di base che, in modo peculiare, intende e mette in pratica il verbo di Gesù. Pertanto conoscere i nostri fratelli di lontana provenienza significa anche conoscere, e apprezzare, le civiltà che sono alle loro spalle. Chi traduce la Bibbia nelle lingue e nei dialetti dell’universo mondo ben conosce le sfide della mediazione culturale.

V’è un altro aspetto da considerare, ed è un aspetto di ‘modernità’. Nella nostra Italia, così come in Europa, la secolarizzazione ha comportato una diluizione delle identità; in termini più semplici le specificità di una denominazione sono state sovente sacrificate sull’altare di sfide sociali e, sovente persino politiche. Quella che era l’eredità di una tradizione di fede e l’enfasi evangelistica ha ceduto il posto a un concetto di diaconia fuso e confuso con l’agenda dell’attualità politica. Ora il contatto di queste nostre comunità con le consorelle provenienti dall’estero ha comportato un virtuoso contagio tanto più benefico quanto più i nostri ospiti hanno attestato uno stile nel professar la fede che più s’avvicina ai carismi ed ai modi antichi ricalcati su una lettura della Bibbia che, se così vuoi, è meno sofisticata ma più fedele al dettato di quelle antiche venerate pagine.

C’è da augurarsi che l’iniziativa dell’AEI divenga un appuntamento annuale. Ne avremo tutti da guadagnare, in termini spirituali e anche culturali. Il che non è poco! Ultima nota: il dibattito sull’accoglienza in Italia sta diventando sempre più un terreno di battaglia tra consorterie politiche o potentati personali. È giusto che noi cristiani evangelici svolgiamo in tale contesto il nostro còmpito. E questo non sarà certo ancillare a questa oppure a quest’altra parte politica. Mentre si riflette sull’epocale fenomeno delle migrazioni e si studiano i meccanismi per governare il fenomeno, a noi tocca anche il còmpito di studiare, con serenità e amore, tutti i fattori in gioco, dando sempre priorità all’uomo ed al mondo di valori e di fede di cui egli è portatore. Le scoperte saranno non poche e non piccola gioia sarà riscoprire quel concetto di fratellanza che una società troppo opulenta, quella della nostra senile Europa, sta ogni giorno perdendo”.


Migranti e nuovi italiani (7): verso chiese integrate

Un documento del 2009 per prolungare la riflessione

Roma (AEI), 17 settembre 2018 – Ripubblichiamo il sussidio “Verso chiese integrate” già apparso su “Stranieri tra noi”, Supplemento n. 7 a Studi di teologia (2009) pp. 34-37.

VERSO CHIESE INTEGRATE

Quando una persona diventa cristiana, non solo si “unisce” a Gesù, ma si “unisce” anche al resto delle persone che hanno creduto nel Vangelo. Il principio unificante della comunità cristiana non è quindi la razza o l’omogeneità socio-economica ma Gesù stesso. Infatti, il vangelo rimuove ogni tipo di orgoglio culturale, relativizza l’identità nazionale o etnica come una delle componenti della nostra personalità. Ci permette così di contestualizzare noi stessi e apprezzare gli altri, indipendentemente dalla loro occupazione, nazionalità, contesto socio-culturale.

1. Le basi bibliche
o    La chiesa cristiana è una comunità che accoglie tutti coloro che confessano il nome di Gesù (1 Cor 1,26-29).
o    Il mandato del Signore è di rendere discepole le nazioni (Mt 28,19-29) e tra persone appartenenti a popoli diversi esiste in Cristo un nuovo punto di incontro (Gal 3,28);
o    La chiesa, nata dal giudaismo, ha per lungo tempo fatto resistenza all’aprire le porte al multiculturalismo predetto dai profeti (Is 2,1-5; 60,2-3 e 6; Zc 8,20-22). E’ stata necessaria la conversione di un centurione romano, Cornelio, per aiutare la chiesa a capire che “Dio dunque ha concesso il ravvedimento anche agli stranieri affinché abbiano la vita” (At 11,18);
o    Il modello di chiesa presente nel NT: le diverse culture e le diverse classi sociali condividono il ministero e la leadership nelle comunità locali. L’evangelo cancella l’etnocentrismo (Ef 2,14-15.19). Gesù ha rimosso tutte le barriere che esistevano tra Dio e il suo popolo, fra giudei e gentili. Il vangelo abbatte le barriere che separano le persone (Ef 2,4 e At 1-13);
o    La chiesa riunita a Gerusalemme ha affermato questo principio, rendendo visibile l’opera di Dio fra i gentili. Apparteniamo a Dio – dicevano - e in questa unità le differenze culturali coesistono (At 15,14.19-20).
o    Il principio dell’unità nella diversità, è - nelle comunità cristiane – la risposta dello Spirito Santo al conflitto culturale (At 2,6-11; cfr. Gn 10:31-11;9).
o    Le diverse razze, culture ed etnie sono in cielo (Ap 7,9), quindi queste cose sono buone e da ricercare. L’adorazione è universale (Gv 4).

2. Le sfide ecclesiologiche
Il rischio, molto presente, è quello di non riuscire a perseguire un orizzonte equilibrato e praticabile, producendo un falso senso di unità (Gal 3,8) oppure non riconoscendo realmente la diversità o esaltandola in modo estremo. L’equilibrio biblico è realmente molto importante. Da un lato troppa poca enfasi sulla diversità significa che, di fatto, stiamo esaltando i modelli e le abitudini di un qualche gruppo (anche se maggioritario), notando di solito una certa inefficacia negli sforzi ministeriali. Dall’altro occorre capire che troppa enfasi sulla diversità rischia di far perdere di vista le connessioni etiche e teologiche che la Bibbia descrive. L’equilibrio biblico significa riconoscere che ogni gruppo etnico o sociale ha una specifica autenticità che deve essere comunque riformata alla luce del Vangelo. Il disequilibrio teologico produce quindi due possibili distorsioni:
a) Ghettizzazione. E’ la strategia di centrare tutto su una data cultura, e non si raccoglie la sfida all’unità e alla riconciliazione. Si enfatizzano la cultura di minoranza e l’identità marginale. Un’enfasi eccessiva e sproporzionata alla propria “etnia” o “cultura” nasconde spesso un aspetto idolatrico (queste cose diventano sostituti di Cristo e del suo popolo e non si riconosce come ogni cultura o etnia abbia un aspetto demonico). L’abbattimento delle barriere tra persone e gruppi “separati” nel mondo non è solo un mero risultato dell’opera del vangelo, ma è una parte essenziale del messaggio cristiano;
b) Omogeneità. Nella letteratura sui modelli di crescita della chiesa si fa spesso riferimento al principio di omogeneità (homogeneous unit principle). Il principio afferma che le chiese crescono meglio e più velocemente se i suoi partecipanti (il target) provengono tutti da uno stesso contesto sociale o etnico o culturale. Questo principio è idolatrico in quanto esalta l’omogeneità sociale, etnica, economica a scapita della riconciliazione della diversità che è propria della chiesa di Cristo. L’omogeneità della chiesa deve essere costituita dall’unico Signore e dall’unica fede (Ef 4,5), non dalle appartenenze sociali.

3. Possibili piste di lavoro
A. Integrazione di singoli credenti immigrati
o    Accogliere cristianamente la persona.
o    Interessarsi alla storia della conversione e del cammino cristiano successivo.
o    Capire la provenienza ecclesiale e le prassi relative al battesimo e alla Cena del Signore.
o    Se possibile, richiedere una lettera di presentazione da parte della chiesa di provenienza.
o    Avviarlo ad un percorso di familiarizzazione con la confessione di fede della chiesa e dell’ethos della chiesa stessa.
o    Aiutare a capire se esistono chiese più vicine a quelle di provenienza (se desiderato) o se la persona può essere avviata a diventare membro della chiesa locale.
o    Facilitare occasioni di scambio e di partecipazione alla vita della comunità.

B. Integrazione di chiese etniche o gruppi di credenti
o    Fare una mappatura della presenza di chiese etniche nel proprio territorio e stabilire una griglia di riferimento (ad esempio, quella suggerita dalla Guida Evangelica 2007 che suddivide le chiese in “Area dei protestanti”, “Area degli evangelici”, “Altre”).
o    Comprendere se si tratta di chiese collegate a corpi ecclesiali esteri, italiani, indipendenti, ecc. e quali relazioni hanno col territorio.
o    Favorire occasioni d’incontro tra le chiese. Una buona opportunità può essere l’invito alla Settimana Mondiale di Preghiera dell’Alleanza Evangelica (a gennaio) o alla Giornata di preghiera per la chiesa perseguitata (a novembre).
o    Stabilire ponti di comunione ed offrire/cercare collaborazione in campi di comune interesse (testimonianza pubblica nel territorio, condivisione di locali di culto, incontri periodici tra pastori, realizzazione di progetti specifici).
o    Incoraggiare l’avvicinamento ad organismi di cooperazione evangelica (come l’Alleanza Evangelica Italiana) per promuovere l’innesto progressivo nel tessuto ecclesiale italiano e le relazioni con il mondo evangelico. Da queste dipende il futuro di tutto l’evangelismo italiano.