I giornali italiani alla prova della WWList

Il Rapporto di Porte Aperte e le omissioni dei media

Roma (AEI), 20 gennaio 2020 – La conferenza stampa del 15 gennaio sul nuovo rapporto WWList 2020 della ONG evangelica Porte Aperte ha cercato di attirare l’attenzione dei media su una situazione drammatica. Dando conto di una vera e propria impennata della persecuzione dei cristiani nel mondo - in un solo anno si è passati da 245 a 260 milioni di cristiani perseguitati – ci si sarebbe aspettati una recezione piuttosto unanime da parte del sistema italiano dell’informazione.

Anche il contesto della presentazione del rapporto è sembrato pertinente ad un’ampia diffusione: il direttore italiano di Porte Aperte Cristian Nani ed il pastore George Mouchi (Siria) sono stati accolti in una sala della Camera dei Deputati ed alla presenza di alcuni parlamentari sensibili al tema della chiesa perseguitata (gli onorevoli Andrea Delmastro delle Vedove, Lucio Malan e Vito Comencini). L’esito mediatico è stato pertanto rilevante, ma dentro un contesto dell’informazione, quella italiana, che anche in questo caso ha manifestato tutti i suoi limiti ed un certo provincialismo.

Innanzitutto è ragguardevole che non tutti i mezzi di informazioni hanno dato il necessario risalto alla notizia: le più grandi testate giornalistiche La Repubblica, Il Corriere della Sera e La Stampa hanno lasciato correre senza informare i propri lettori. In particolare sorprende l’assenza sul quotidiano torinese che aveva rendicontato i rapporti degli anni passati (2013, 2015, 2019). Se le ragioni di tali omissioni fossero connesse al calendario politico si tratterebbe davvero di una prova di scarsa qualità giornalistica.

Altri giornali hanno dato spazio ampio alla notizia: tra loro in particolare i giornali conservatori o di orientamento cattolico. Ma anche tra questi giornali è riscontrabile qualche omissione che definerei “pesante”. L’Agenzia Vatican News, ad esempio, non riporta nulla della recrudescenza della persecuzione in Cina.  Eppure il Rapporto si occupa ampiamente di questo “quinto” della popolazione mondiale, spiegando che in esso ci sono state ben oltre la metà delle chiusure forzate di chiese (5.500 su 9.488 in totale), che il governo cinese sia sistematicamente impegnato nella sorveglianza digitale anche attraverso sofisticati strumenti biometrici e d’intelligenza artificiale, che la Normativa di Regolamentazione degli Affari Religiosi risalente al 2018, vieta ai minori di 18 anni di frequentare le chiese. E se anche la conferenza stampa ha dato ampio spazio a chiusure e controlli in corso nella Repubblica Cinese, perché mai glissare su un argomento così rilevante che, oltretutto, ha tenuto impegnato il Vaticano e la sua diplomazia, a partire dal segretario di Stato Pietro Parolin, negli ultimi 3 anni? Con buona probabilità si potrà rispondere invocando una “ragion di stato”: l’accordo del 18 settembre 2018 tra Vaticano e Governo Cinese sulla nomina dei vescovi, peraltro contemporaneo a molte delle dinamiche raccontate nel rapporto (si pensi alle linee guida per contenere le “informazioni religiose reperibili online” redatte proprio in settembre 2018), oltre a rappresentare un vero e proprio tradimento di quei cattolici che pure sono perseguitati, costituisce anche l’elemento di svolta, complice e colpevole, di una stretta persecutoria oggettivamente riscontrabile su tutta la popolazione cristiana che è all’80% protestante. Dai rapporti di Porte Aperte si evince che la Cina in un solo biennio è passata dal 43° posto dell’index WWList 2018 al 23° posto del 2020 con un punteggio salito di ben 13 grandezze (da 58 a 73). Allora qual’è la ragione? Evidentemente il Vaticano desidera passare in sordina una situazione incresciosa della quale le sue scelte rappresentano indirettamente una delle evidenti concause.

Infine, va fatta una terza considerazione. Dei giornalisti attenti avrebbero potuto trarre dal rapporto un altro elemento significativo per il nostro paese e per la nostra politica mediterranea. La fascia settentrionale dell’Africa, quella più prossima all’Italia, vede un incremento del tasso di persecuzione: Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto, hanno tutti incrementato sensibilmente il punteggio (score) negli ultimi due anni. In altre parole la persecuzione ci è più prossima, ma pochi sembrano farci caso. (GC)