Identità e omosessualità

La manifestazione del «Gay pride» ha innescato un vivace dibattito anche all’interno del mondo evangelico italiano.

Le varie prese di posizione, tra cui quella dell’AEI (Idea-italia n. 3, maggio 2000), hanno contribuito a mettere in evidenza questioni più a monte, questioni che investono il fondo dell’identità evangelica e meritano qualche riflessione.

I cosiddetti «protestanti storici», per bocca di Giuseppe Platone (Riforma, 14 luglio 2000), hanno mostrato una certa irritazione nei confronti dell’accusa di «relativismo teologico». Per loro, si tratta di una diversa “lettura della Bibbia che, per uno strano gioco del destino, porta gli «evangelicali» sulle stesse posizioni del Vaticano in materia etica”. Platone ha poi problematizzato l’illusione degli evangelicali di trarre l’etica dalla Bibbia senza alcuna mediazione, e ha invece espresso il proprio plauso alle chiese storiche, che, in fatto di etica, sono alla continua ricerca di “un messaggio di apertura, amore, solidarietà”.

Questo confronto è utile, perché porta alla luce nodi troppo spesso ignorati. Forse le osservazioni da fare sarebbero tante, ma qui ne basteranno due o tre.

Prima osservazione. È falso che gli evangelicali si trovino in campo etico sulle stesse posizioni del Vaticano. È vero, invece, che i cosiddetti «protestanti storici» si trovano dalla parte dei cosiddetti «laici».

Dovrebbe diventare chiaro a tutti che le posizioni esistenti in materia etica (ma anche in molti altri campi) sono tre, e non due, come si vorrebbe far pensare: c’è la posizione del Vaticano, c’è quella dei «laici» (cui si può assimilare quella dei «protestanti storici»), e c’è quella evangelicale. Il Comunicato stampa dell’AEI afferma chiaramente che “nessuno è sessualmente «normale» senza la grazia di Dio”. Tale affermazione rimanda evidentemente al tema della creazione, alla rottura dell’alleanza, alla redenzione; e basta un pizzico di sensibilità teologica per rendersi conto che tale impostazione non ha nulla a che vedere con la visione vaticana. Il Vaticano ha una concezione dualistica, che è radicalmente diversa dalla visione storica che caratterizza l’orientamento evangelicale.

Seconda osservazione. È falso che gli evangelicali si servano della Bibbia senza alcuna mediazione. È vero, invece, che le chiese storiche si allontanano dalla storia del Protestantesimo storico, quando si sganciano dalla Scrittura in nome di “un messaggio di apertura, amore, solidarietà”.

Nessun evangelico, ripeto, nessun vero evangelico prende la Bibbia senza assumersi la responsabilità d’interpretarla secondo l’analogia della fede.

Ma una cosa è applicare il messaggio della Bibbia, assumendo la Scrittura stessa come norma, altra cosa è assumere come norma l’apertura, l’amore e la solidarietà. Si tratta qui di una divaricazione enorme, totalmente incompatibile con il sola Scriptura dei Riformatori.

Terza (breve) osservazione. Se è vero che l’etica non può essere sganciata dalla teologia, è allora vero che l’attuale differenza esistente tra coloro che si dichiarano “evangelici”, siano essi evangelicali o protestanti storici, non riguarda l’etica, bensì la struttura teologica vera e propria.

Ed è su tale questione di base che bisognerebbe andare maggiormente a fondo.

Pietro Bolognesi