Carta di quali valori?

Un commento della Commissione etica e società dell'Alleanza Evangelica Italiana sulla Carta dei Valori del Ministero dell'Interno

La lettura della "Carta dei Valori", recentemente presentata dal Ministro dell'Interno, prof. Amato, e dal prof. Cardia, coordinatore della relativa commissione scientifica, merita di raccogliere attenzione e consensi. Si tratta di un testo che, pur volendo rimanere vincolato ai più ampi  principi costituzionali, non ha natura giuridica. Allo stesso tempo vuole però essere un ineludibile punto di riferimento per tutti coloro intenzionati a risiedere stabilmente in Italia.

La Commissione etica e società dell?AEI spera che i seguenti suggerimenti siano accolti dal Ministero dell'Interno e dagli altri organi competenti e che si inizi a lavorare per il bene del nostro paese con attenzioni diverse.

Il testo è pensato inizialmente come interfaccia per il variegato mondo islamico, poi è stato allargato a tutti. In questo modo si ricerca una forma di integrazione che non permetta il sorgere di poteri alternativi a quelli dello Stato e che non coltivi discutibili zone franche. Riconoscendo i diritti e i doveri di tutti (immigrati inclusi) si vorrebbe andare oltre un multiculturalismo acritico, sostanziandolo con principi vincolanti.

Il documento è organizzato in sette paragrafi. Il primo e l'ultimo riguardano i fattori identitari della società italiana e l'impegno internazionale del nostro paese. Gli altri cinque riguardano: l'uguaglianza dei diritti e dei doveri dei nuovi cittadini, i diritti sociali come il lavoro, la salute, la casa e la scuola, la centralità della famiglia e la laicità dello Stato e la libertà religiosa.  Molte le cose apprezzabili. Estremamente positivo è il richiamo alla centralità della persona umana, all'uguaglianza di diritti tra uomo e donna, al rispetto delle libertà e della laicità.

La natura del documento e la validità di molte indicazioni in esso contenuto però non possono evitare di confrontarsi con alcune peculiarità italiane che - a nostro parere - rendono paradossali e discutibili alcune affermazioni e vanificano qualcuna delle pur lodevoli intenzioni. Due gli aspetti per noi problematici. Da un lato non si comprende come nei lavori preparatori o nella stessa commissione scientifica sia assente la componente protestante ed evangelica. Nessun motivo di opportunità politica può giustificare una tale procedura. Parlare di pluralità dovrebbe implicare la ricerca di una adeguata composizione delle idee e delle posizioni e a dare voce a tutte le componenti interessate. Il mondo evangelico, secondo le più attendibili fonti statistiche, arriva infatti a ad rappresentare oltre
l'8 % della fetta di immigrati nel nostro paese. Tale superficialità non è sostenibile, come non lo è la visione che vede un interesse nazionale di tipo "cattolico" contrapposto a un pericoloso blocco"islamico" negli immigrati. La realtà è plurale e molteplice, occorrerebbe prenderne atto.

Dall'altro lato sono da segnalare, nello stesso documento, alcuni elementi fortemente critici:

a) Nei punti 13 e 14 -- riguardo la scuola, l'istruzione e l'informazione -- si parla di conoscenza religiosa e di percorsi formativi "volontariamente scelti dagli alunni o dai loro genitori". La realtà, anche dell'istruzione pubblica, è però molto diversa. L'insegnamento della Religione Cattolica (IRC) rappresenta per molti l'unica alternativa plausibile: non si possono scegliere percorsi formativi propri di altre confessioni religiose, e l'ora alternativa è notoriamente un grande vuoto. Per essere congruenti si dovrebbe allora incoraggiare la messa in discussione
dell?IRC nelle scuole pubbliche e sostenere politicamente una revisione in senso plurale di tutto il sistema educativo.

b) Anche caldeggiare la diffusione delle "componenti culturali e religiose" nei mezzi di informazione richiederebbe una serena revisione di alcune strategie editoriali e la creazione di spazi che non siano soltanto "etnici" ma promuovano, con professionalità e sensibilità, integrazione e pluralità confessionale .

c) Il paragrafo sulla laicità è molto ricco e sostanzioso. Poi, nel punto 25, si afferma "l?Italia rispetta i simboli, e i segni, di tutte le religioni. Nessuno può ritenersi offeso dai segni e dai simboli di religioni diverse dalla sua". Ci si dimentica però come alcuni simboli, per non parlare della venerazione pubblica di alcuni dignitari ecclesiastici, sono diventati nel nostro paese oggetti da ostentare ovunque. Simboli che le stesse istituzioni pubbliche "laiche" esibiscono come nuovo servizio ad una - democraticamente pericolosa - religione civile.

Roma, 26 aprile 2007