A trent’anni dal nuovo concordato, tutto è fermo per la libertà religiosa

Il 18 febbraio 1984 - trent’anni fa - lo Stato del Vaticano e la Repubblica Italiana firmavano a Villa Madama un accordo sostitutivo del Concordato lateranense stipulato con Mussolini nel 1929. Il nuovo accordo rappresentava una svolta storica: le parti concordavano che la religione cattolica romana non era più la religione di Stato. L’Italia, quindi, formalmente non era più uno Stato cattolico.

Pochi giorni dopo si sottoscriveva la prima intesa con una confessione non cattolica. Sembrava l’inizio di una nuova fase nella crescita civile della nazione: la libertà era formalmente proclamata, la responsabilità della scelta fondamentale (quale è la religione) ritornava ai cittadini e l’articolazione religiosa poteva essere finalmente plurale (si introduce l’8 per mille, si riconfigura l’ora di religione cattolica nelle scuole ... ).

L’accordo non era perfetto, ma rappresentava pur sempre un grande passo in avanti verso un’Italia aperta e plurale. ll nuovo concordato aprì in questo modo la stagione delle intese con le altre confessioni, in base al terzo comma dell'art. 8 della Costituzione e pose le basi per una complessiva politica religiosa del Paese che se da un lato fu subito abortita, dall’altro garantì il mantenimento dei molti vantaggi competitivi assicurati al cattolicesimo.

Iniziato il declino culturale e istituzionale prima ed economico-sociale poi, ci siamo ritrovati presto ad essere il bastione vaticano contro la laicità e il progresso, il contesto in cui il diritto della nazione è stato usato quale vaccino contro l’epidemia secolare che continua a colpire l’intero occidente.

A distanza di trent’anni le positive premesse del 1984 sono state dunque smentite. Infatti, pericolosi residui di legislazione fascista sui "culti ammessi" ancora oggi discriminano le minoranze religiose. Nessuno pensa di abrogarli e la libertà religiosa stenta a essere riconosciuta e sostenuta ancora oggi.

L’accordo resta così un’opera dolorosamente incompiuta. E dopo trent’anni dobbiamo segnalare con forza e molta preoccupazione sia l’assenza di una legge generale sulla libertà religiosa, sia l’esistenza di un diritto incerto e inadeguato per i molti credenti non cattolici e le molte comunità lasciate volutamente nel limbo e nell’ambiguità giuridica.

Invitiamo, quindi, le Istituzioni della Repubblica Italiana, le autorità politiche, la società civile e le molte comunità religiose ad agire per la promozione e la tutela della libertà religiosa nel nostro Paese, completando l’azione che l’Accordo del 1984 ha provato a movimentare.

18 febbraio 2014