Ideaitalia - Nuova serie, Anno IV · n. 31 · 04 luglio 2020

Dibattito AEI sul ddl omotransfobia (I): rimangono preoccupazioni serie

Importante confronto con i protagonisti politici

Roma (AEI), 4 luglio 2020 – Com’è abitudine dell’Alleanza Evangelica Italiana, di fronte a discussioni pubbliche su temi sensibili e su cui esistono proposte di legge in corso, il servizio reso alla popolazione evangelica e all’opinione pubblica in generale è di offrire occasioni di confronto e dibattito plurale. Le varie posizioni sono ascoltate e fatte interagire tra loro ed in particolare con la sensibilità evangelica. Così è successo anche per quanto riguarda il ddl sulla omotransfobia, il cui testo unificato è stato depositato alla Camera nei giorni scorsi e che sarà discusso nelle prossime settimane e mesi.

Venerdì 3 luglio si è tenuto l’atteso confronto e la cui registrazione video è disponibile sul canale You Tube dell’AEI. Dopo il saluto del presidente AEI Giacomo Ciccone, ha preso la parola Alessandro Zan (PD), relatore del ddl. Zan ha fatto riferimento ai molti casi di violenza sui persone LGBTI e alla necessità di una tutela a loro difesa. Ha spiegato sia la parte penale del ddl (che estende la legge Mancino all’istigazione alla violenza basata su orientamento sessuale e identità di genere) sia la parte “pedagogica” volta a combattere il “pregiudizio”. Ha assicurato che non ci saranno contraccolpi per la libertà di parola di chi ha un’opinione critica sull’omosessualtà e transgenderismo.

Il vice-presidente AEI Leonardo De Chirico è intervenuto dicendo che, come minoranza storica in Italia, gli evangelici sono sensibili al tema del trattamento delle minoranze. Vogliono tuttavia collaborare per costruire una società dove le differenze, anche quelle irriducibili come quelle legate alla visione della sessualità, non siano criminalizzate. Ha espresso una preoccupazione: che la fattispecie di reato indicato nel ddl sia troppo generico (cos’è “discriminazione”? ci possono essere tante accezioni), indefinito e legato a espressioni come “orientamento sessuale” e “identità di genere” che sono fluide. Il timore è che sia la magistratura ad essere chiamata a definire e che si crei un clima di intimidazione culturale per chi non la pensa come il movimento LGBTI. Tribunalizzare le differenze, invece di confrontarle civilmente nella società, è un rischio reale. Ha quindi proposto di considerare l’“emendamento Waddington” come possibile via d’uscita. In una legge simile, in Gran Bretagna è stata inserita la clausola seguente a protezione della libertà di parola: “a scanso di equivoci, il dibattere o il criticare condotte o pratiche sessuali o incoraggiare persone ad astenersi o modificare tali condotte o pratiche non sono considerabili, di per sé, minacciose o destinate a fomentare l’odio”.

Il Sen. Lucio Malan ha notato come le intenzioni espresse dai sostenitori del ddl siano una cosa, ma il testo contiene dei motivi di preoccupazione. Il caso del pasticcere che si è rifiutato di preparare la torta per le “nozze” di una coppia gay e che è stato sbattuto in tribunale per discriminazione e incitazione all’odio sta a mostrare che in realtà una legge generica rischia di essere usata contro chi non condivide le teorie gender. Si è anche soffermato sulla parte “pedagogica” del ddl in cui si parla d portare la dottrina gender nelle scuole pubbliche.

L’europarlamentare Annalisa Tardino (Lega) ha ricordato che l’ordinamento italiano è di “civil law” e quindi una legge deve farsi carico di precisare i termini usati per non rischiare di essere applicata in modo indiscriminato. Le espressioni generiche usate nel ddl sono pericolose. Inoltre, citando dati ufficiali, ha ricordato come i casi di violenza denunciati siano 26 all’anno, un fenomeno certamente da condannare e reprimere, ma che non riveste il carattere di urgenza sociale. In questo tempo di crisi diffusa, sono altre le priorità su cui il Parlamento dovrebbe concentrarsi.

Il dibattito ha dato modo a tutti gli intervenuti di replicare e di interagire tra loro. La cultura evangelica ha dato un contributo alla discussione in corso esprimendo una volontà di ascolto e di partecipazione critica al dibattito in corso. Dovesse il ddl approdare al Senato, l’AEI chiederà di partecipare ufficialmente alle audizioni preliminari.


Dibattito AEI sul ddl omotransfobia (II): le sfide per la testimonianza evangelica

Interessante conversazione tra leader evangelici

Roma (AEI), 4 luglio 2020 – A seguire si è tenuta una proficua conversazione tra leader evangelici di varie chiese evangeliche sui temi della omotransfobia con uno sguardo alle sfide per la testimonianza dell’evangelo. Nel presentare la sessione, Lucia Stelluti (del Distretto centro dell’AEI e membro della redazione di Ideaitalia) ha ricordato che già nel 2013-2014 l’Alleanza Evangelica Italiana aveva dedicato al tema una certa attenzione con un importante documento: Legge sull’omofobia e libertà di parola. Si possono conciliare? (2013) e organizzando un convegno (17/1/2014) il cui resoconto è molto utile anche per la discussione attuale: Omofobia: le pericolose incertezze e i necessari chiarimenti . Il 6 marzo 2020 l’AEI aveva emesso un comunicato a commento della discussione parlamentare dal titolo “Combattere l’omofobia sì, imporre il pensiero unico no”. Anche la registrazione video di questa conversazione è disponibile sul canale You Tube dell’AEI.

Giovanni Orlando (Chiese Elim in Italia) ha richiamato l’esigenza evangelica di rifarsi alle coordinate bibliche che ci dicono che siamo tutti creature di Dio, preziosi agli occhi suoi, ma anche peccatori bisognosi di conversione a Cristo. L’annuncio dell’evangelo, quando viene accolto con fede, porta ad un cammino di guarigione dalle proprie distorsioni, qualunque esse siano, comprese quelle attinenti alla sfera sessuale.

Elpidio Pezzella (Nuova Pentecoste) ha richiamato il simbolo biblico dell’arcobaleno, fatto proprio dai movimenti LGBTI, ma il cui significato è l’impegno di Dio nei confronti del mondo. L’arcobaleno ci deve ricordare la nostra risposta di fede a Dio, non eccitare la nostra ribellione a Lui. Come credenti in Cristo, siamo prigionieri della Parola e non delle tendenze culturali del momento. La chiesa accoglie tutti, senza distinzioni, e, proprio perché serva della Parola, invita tutti a cambiare secondo l’evangelo. Tutti dobbiamo tornare ad essere bambini, re-imparando a vivere nella volontà di Dio.

Alessandro Piccirillo (Chiese Evangeliche Riformate Battiste in Italia) ha parlato dei cambiamenti culturali in atto entro cui si iscrivono le rivendicazioni del movimento LGBTI. Ha ricordato due tappe in particolare: la rivoluzione sessuale degli anni sessanta e l’emersione della cultura dei “diritti” estesi all’identità personale non più pensata in termini binari (uomo-donna). Nonostante l’apparente “forza” di questi impulsi, rimane aperto l’interrogativo su chi siamo. Il sesso libero e le identità liquide non rispondono a questa domanda profonda: solo l’evangelo di Cristo lo fa in modo pieno e soddisfacente.

Infine, Marco Sammartino (Chiesa Apostolica in Italia) ha sottolineato l’importanza del profilo “pubblico” della testimonianza evangelica. Come Paolo ad Atene si confrontò a viso aperto con le tendenze culturali del momento, rimanendo fedele all’evangelo del Signore risorto, così noi possiamo e dobbiamo tenere alta la Parola della vita di fronte alle sfide culturali e sociali che incontriamo. Il compito non è facile, viste le pressioni cui siamo soggetti, ma l’evangelo ci chiama a non arretrare.

Nella parte conclusiva, Lucia Stelluti ha ricordato la necessità da parte dell’evangelismo italiano di investire sull’irrobustimento dell’identità evangelica per sapere chi siamo e cosa crediamo, sulle possibilità di formazione per far fronte alle sfide in modo competente e sulla bontà di coltivare l’unità nell’evangelo tra tutti i credenti e le credenti nati di nuovo.


Il TAR Lombardia dà ragione alla chiesa evangelica Punto Luce (e all’AEI)

Norma “operante” solo se l’attività di una chiesa aumenta realmente il “carico urbanistico”

Roma (AEI), 3 luglio 2020 – Il 1 luglio è stata pubblicata la sentenza del TAR Lombardia con la quale è stato annullato il provvedimento del Comune di San Giuliano Milanese che aveva disposto la chiusura del locale della Chiesa “Punto Luce”. Secondo il Collegio, il Comune di San Giuliano ha illegittimamente applicato la norma di cui all’art. 52, comma 3-bis, della Legge Regionale n. 12 del 2005 che impone la richiesta del permesso di costruire per i mutamenti di destinazione d’uso degli immobili finalizzati alla creazione di luoghi di culto, avendone il Comune privilegiato un’interpretazione letterale e non costituzionalmente orientata.

Il TAR, capovolgendo il precedente pronunciamento cautelare di rigetto, non solo ha ribadito quanto già statuito lo scorso gennaio dal Consiglio di Stato, ma anche esteso all’articolo in questione le risultanze della sentenza della Corte Costituzionale di dicembre 2019 sull’art. 72 della stessa legge: “al fine di ritenere operante“ quella disposizione regionale sul necessario permesso a costruire (art. 52 comma 3-bis), ogni comune dovrà preliminarmente riscontrare e dimostrare un “effettivo e sostanziale incremento del carico urbanistico” a causa dell’attività di culto. Tale presupposto è stato ritenuto assente per una chiesa come “Punto Luce” che si riunisce due volte a settimane con una partecipazione di 60/80 fedeli

Al contrario, secondo il TAR il comune di San Giuliano Milanese ha mutato la norma regionale “in un mero strumento di controllo dell’attività religiosa, contrario alla regola contenuta all’interno dell’articolo 20 della Costituzione” che esclude espressamente che “il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non [possano] essere causa di speciali limitazioni legislative”. Nella sentenza, il Collegio ha qualificato l’operato del Comune di San Giuliano come sproporzionato ed inadeguato, posto che ha compresso un diritto di rilievo costituzionale, quale è l’esercizio in forma collettiva della libertà religiosa, senza previa verifica della rilevanza dell’impatto urbanistico dell’attività della Chiesa “Punto Luce” sul territorio

Ampia soddisfazione è stata espressa dai legali della chiesa “Punto Luce” e dell’Alleanza Evangelica, i Proff. Valerio Onida e Barbara Randazzo e l’Avv. Roberto Di Loreto: negli oltre 1500 comuni lombardi, e per analogia anche in altre regioni, d’ora in poi le amministrazioni locali dovranno tener conto anche di questa sentenza nell’applicazione della norma urbanistica. L’assenza di parametri quantitativi sull’incremento del carico urbanistico potrebbe costituire un’ombra del pronunciamento, ma bisogna tener conto che l’incidenza varia sensibilmente in situazioni territoriali ed urbanistiche diverse. (DM-GC)

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