“Fratelli tutti”: l’universalismo cattolico che fa a pugni con l’evangelo

Tre domande sulla nuova enciclica di papa Francesco

Roma (AEI), 9 ottobre 2020 – Avendo pubblicato un lungo commento all’enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti: il prezzo altissimo dell’universalismo cattolico” (Loci Communes, 9 ottobre 2020), abbiamo fatto tre domande a Leonardo De Chirico, vice-presidente dell’AEI e teologo evangelico.

Ideaitalia: Qual è il messaggio centrale di “Fratelli tutti”?

E’ una lunga enciclica che ha un forte messaggio “politico” che contiene i temi portanti del pontificato di Francesco: l’abbattimento di muri, la governance mondiale, la denuncia delle guerre, la lotta alla cultura dello scarto, l’attenzione ai migranti. Sono tutti temi “politici” interessanti che, se non fosse per qualche commento sulla parabola del buon samaritano che inframmezza i capitoli, potrebbero essere stati scritti da un consesso di sociologi e operatori umanitari di qualche organizzazione internazionale, magari dopo aver letto, ad esempio, Edgar Morin e Zygmunt Bauman. In “Fratelli tutti” c’è la comprensibile ansia volta a stemperare i conflitti, superare le ingiustizie, fermare le guerre. Questa preoccupazione è commendevole anche se, nelle analisi e nelle proposte, vi sono colorature politiche che possono essere legittimamente discusse. Quello che fa problema è la chiave teologica scelta per superare le divisioni: la dichiarazione di fraternità umana in nome di una figliolanza divina.

Ideaitalia: Quale è il signficato teologico di “Fratelli tutti”?

E’ un potentissimo messaggio universalista ed inclusivo che comunica l’idea che le linee di demarcazione tra credenti e diversamente tali, atei e agnostici, musulmani e cristiani, evangelici e cattolici, sono tutte così fluide e relative da non intaccare i legami di fraternità che accomunano tutti. Già la Rivoluzione francese aveva lanciato la “fraternità” come laica appartenenza alla cittadinanza umana (insieme alla “libertà” e alla “uguaglianza”), ma ora il papa la declina in senso teologico. Siamo “fratelli” non perché cittadini, ma in quanto figli dello stesso Dio. Siamo tutti figli di Dio, quindi fratelli tra noi. Le implicazioni di questo discorso sono che tutti sono salvati, che Gesù Cristo è solo uno tra i tanti “salvatori” e che la chiesa cattolica coincide con l’umanità. In fondo è la realizzazione di quello che il Vaticano II diceva quando definiva la chiesa “segno e strumento dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium n. 1).

Ideaitalia: Da “Evangelii Gaudium” sulla missione a “Fratelli tutti” sull’universalismo. Cosa unisce i due documenti?

La tragica ironia di questo papa è che, se da un lato, si è presentato come l’araldo del rilancio della “missione” e della “chiesa in uscita” (cfr. “Evangelii Gaudium”, 2013), dall’altro è stato il papa che, con la sua ambiguità gesuitica e ora con il suo universalismo cattolico, ha reso l’autentica missione cristiana più complicata di quello che era (non che prima fosse semplice). Ha usato le parole “missione”, “annuncio”, “chiesa missionaria”, ma le ha svuotate di senso evangelico, espungendole del loro significato biblico e riempendole di contenuti vacui ed innocui. “Fratelli tutti” dimostra che la missione che papa Francesco ha in mente non è la predicazione dell’evangelo in parole ed opere, ma l’estensione a tutti di un messaggio di fraternità universale. Questo non è l’evangelo del Signore Gesù Cristo. Gli evangelici “entusiasti” di papa Francesco hanno ora la prova che tutto il suo discorso “missionario” non ha parametri biblici ma è sorretto da una visione universalista che sta dentro il progetto della cattolicità romana.