Qualche doverosa riflessione a seguito de "L'ottavo nano" (evangelici e satira)

Gli evangelici e la satira televisiva

 La satira televisiva solitamente concentrata su vizi e difetti della classe politica, da un po’ di tempo sta puntando i suoi potenti riflettori verso ambienti religiosi di vario genere.

   Anche il mondo evangelico, solitamente ignorato dai mass media, non è sfuggito ai fendenti impietosi di un programma satirico di successo, “L’ottavo nano” (andato in onda settimanalmente per dieci puntate sulla Rai), accanitosi ripetutamente contro il programma trasmesso dal canale satellitare TBNE con protagonisti i due coniugi americani Chuck e Nora Hall.

   Non vogliamo in questa sede commentare le capacità di Guzzanti & Co., né tanto meno soffermarci sui contenuti spesso blasfemi della loro feroce ironia. È vero che un cristiano può provare disagio e una certa sofferenza a sentir nominare il nome di Dio invano e a notare tanta irriverenza verso la Sua Parola. Ma, prima di provare indignazione e cambiare canale, prima di chiudere gli occhi e sentirsi offesi, occorre essere onesti e considerare l’origine di tale ironia.

   Non si vuole certo difendere chi sfrutta i difetti altrui per ridere e per far ridere (vizio, peraltro, molto italiano), ma neanche si può essere indignati se, guardando i programmi di Chuck e Nora Hall, a qualcuno sia venuta l’idea di creare degli sketch, per imitarli e divertire milioni di spettatori per una decina di minuti a settimana. Si deve, infatti, riconoscere che spesso i programmi originali fanno ridere più delle loro stesse imitazioni.

   Perciò, prima d’insorgere contro l’irriverenza e il malcostume degli attori satirici, sarebbe bene considerare onestamente in che modo gli stessi evangelici si presentino attraverso i media a un pubblico abituato a ben altra “professionalità televisiva”. Quali aspetti sono maggiormente notati dallo spettatore che, durante il suo annoiato “zapping”, s’imbatte nelle facce estasiate di originali personaggi che, con un marcato accento americano, leggono la Bibbia e pregano imponendo le mani a mucchi di lettere inviate dai telespettatori?

   Che cosa impara l’italiano medio, impregnato di cultura cattolico-romana, del vero Evangelo e del vero Cristianesimo, davanti alla spettacolarizzazione di tutto ciò che è spirituale?

   È davvero efficace la presentazione di Dio in termini così “confidenziali”, come se si trattasse dell’amico incontrato al bar, con cui scambiare due chiacchiere?

   Si tratta di dubbi che sorgono da un’osservazione superficiale, ma l’impressione è che ciò che resta davvero nella mente dei telespettatori siano la faciloneria, il dilettantismo, il sensazionalismo, l’estraneità alla realtà quotidiana di un messaggio fondato su elementi emotivi, che usa la Bibbia e Dio come supporti per la diffusione di una cultura individualistica e una religiosità da fast food.

   Se la satira se n’è accorta e sfrutta la situazione per fare successo, la nostra reazione dev’essere non di censura, ma di riflessione e di autocritica.

   Se la cultura evangelica è vista in quel modo, il difetto sta non soltanto in chi la osserva, ma soprattutto in chi la presenta. Un messaggio così povero di contenuti autenticamente biblici avrà sempre più bisogno di trucchi per essere venduto.

   La nostra riflessione al riguardo dev’essere costruttiva e appoggiarsi su una duplice consapevolezza: innanzi tutto, bisogna rendersi conto che l’Evangelo non è un prodotto consumistico da “piazzare sul mercato”. Le Scritture presentano una visione del mondo integrale, valida in tutte le sfere dell’esistenza, e non un’opzione per migliorare qualche aspetto della vita umana. La forza del messaggio sta nel fatto che esso proviene dal Dio creatore e redentore.

   In secondo luogo, è fondamentale rendersi conto che i mass media svolgono un ruolo ormai determinante nella formazione del pensiero e delle tendenze nella società attuale. Ciò è generalmente risaputo e acquisito, ma gli evangelici italiani non sembrano accorgersene.

   La TV (i temi della campagna elettorale in corso lo confermano) non svolge un ruolo marginale o di puro intrattenimento, non dà solo consigli, ma mira a forgiare le menti degli spettatori, a plasmarne il pensiero, a condizionarne sentimenti e volontà. I mass media, e in modo particolare la televisione, non sono semplicemente casse di risonanza delle idee, ma spesso sono il loro luogo di origine.

   Un uso semplicistico e approssimativo dello strumento mediatico per la diffusione dell’Evangelo può trasformarsi in un pericoloso boomerang, anche senza le divertite reazioni dei satirici. È opportuno, quindi, riflettere bene e porsi semplici domande, per evitare ridicoli errori.

   Se, in futuro, si dovessero aprire spazi televisivi più ampi e più significativi per gli evangelici, saremmo pronti a raccogliere l’opportunità? Saremmo sufficientemente seri nell’usare questo strumento?