Domenica della Memoria 2003 - C. S. Curione

Celio Secondo Curione (1503-1569)

Celio Secondo Curione nacque a Ciriè, nel Canavese, da una famiglia nobile.

I primi elementi significativi della sua biografia risalgono al periodo degli studi di lettere e di diritto all’Università di Torino, quando, a soli vent’anni, comincia a conoscere gli scritti di Lutero, Melantone e Zwingli.

            Accompagnato dall’agostiniano Girolamo Negri e affiancato dagli amici Giacomo Donello e Francesco Guarino (futuri pastori della chiesa ginevrina), fu introdotto nel giovane ed effervescente mondo della Riforma protestante. Ciò gli costò l’avversità del vescovo d’Ivrea, che lo fece rinchiudere in un convento, da cui successivamente riuscì a fuggire.

            Trovò accoglienza, prima a Milano, poi a Casale Monferrato, presso il marchese Gian Giorgio Paleologo, dove rimase fino al 1534 (erano gli anni in cui i valdesi aderirono alla Riforma svizzera). Trascorse alcuni anni in diverse città dell’Italia del Nord, ma, soprattutto, si fermò per tre anni a Pavia, alla cui Università era stato chiamato come “publicus professor”.

            Sospettato e perseguitato dall’Inquisizione, fuggì dapprima a Venezia, poi a Ferrara, dove conobbe Renata di Francia, moglie del duca Ercole II d’Este e molto più che semplice simpatizzante delle idee della Riforma.

            Raccomandato dalla nobile ferrarese, Curione si trasferì a Lucca nell’ottobre del 1541, presso la casa di Niccolò Arnolfini, anch’egli vicino ai Riformatori lucchesi, dove fu assunto come pedagogo.

            Sono questi gli anni in cui è più evidente il suo passaggio dalle idee umanistiche, ereditate da Erasmo, a quelle riformate, imparate dagli amici svizzeri.

            È anche questo il periodo delle sue amicizie con i più illustri riformatori italiani (Pietro M. Vermigli, Paolo Lazise, Celso Martinengo e Girolamo Zanchi), insieme ai quali produsse un grande lavoro di diffusione delle idee riformate. Ben presto, però, la potente macchina cattolica dell’Inquisizione s’interessò di lui e dei suoi amici.

            In particolare, riportiamo le parole contenute in una richiesta di arresto espressa dal cardinale Guidiccioni agli Anziani della città, datata 22 luglio1542: “Quel Celio che sta in casa di messer Niccolò Arnolfini, il quale dicono aver tradotto in volgare alcune opere di Martino, per dar quel bel cibo alle semplici donne de la nostra città e che ha fatto stampare quei precetti a sua fantasia, oltreché e da Vinegia e da Ferrara, se ne intende di lui pessimo odore”. Un mese dopo, era il cardinale Alessandro Farnese a chiedere ai governanti di Pisa di rintracciare “un pessimo spirito chiamato Celio da Turino, il quale sotto professione di maestro di scuola… pubblicamente e in più luoghi ha fatto professione di luteranesimo”.

            Curione, come buona parte dei suoi connazionali riformati, fu costretto a fuggire all’estero per professare e diffondere la propria fede nei principî biblici della Riforma. Si stabilì prima a Losanna (1542-1546), poi a Basilea, dove insegnò retorica per ventitré anni, acquistando prestigio e fama europea. La sua casa divenne un punto di riferimento  per gli studenti di tutta Europa e, soprattutto, degli esuli italiani, fra i quali Vergerio e Ochino.

            Morì nella città svizzera nel 1569.