Il Congresso delle famiglie a Verona: il contributo evangelico

L’intervento del presidente Giacomo Ciccone

Roma (AEI), 30 marzo 2019 – Venerdì 29 marzo il presidente dell’Alleanza Evangelica Italiana è intervenuto al Congresso mondiale delle famiglie tenuto a Verona e che si concluderà il 31 marzo. Ecco il testo integrale del suo discorso:

Ringrazio di cuore il Dr. Brian Brown, Antonio Brandi e tutti gli organizzatori, e sono qui a nome dell’Alleanza Evangelica Italiana a rappresentarvi la nostra posizione riguardo la famiglia e riguardo al ruolo della famiglia nella società contemporanea.

Dedico questo intervento ad una donna, Maria Rosa Peloia che nel 1969 dovette arrivare fino alla Corte Costituzionale per vedere sancito il suo diritto di potersi sposare senza essere per questo licenziata. La sentenza 27 del marzo del 1969, proprio 50 anni fa, determinò che tra i diritti inviolabili dell’uomo citati nell'art. 2 della Costituzione, dovesse essere compresa la libertà di contrarre matrimonio.  Da questa vicenda impariamo che la famiglia va difesa anche dalle invasioni di campo dei privati e del mondo del lavoro.

Ebbene, noi Evangelici tre anni fa abbiamo voluto produrre un documento evangelico sulla famiglia – Quale famiglia per quale testimonianza? – firmato da numerosi leader evangelici italiani.

Credo sia interessante menzionarlo qui in questo congresso, perché esso, partendo dalla convinzione tipica di noi Evangelici che la Parola di Dio – la Scrittura -  sia la nostra suprema fonte di autorità, conduce ad una prospettiva laica della famiglia e del matrimonio, e quindi del tutto appropriata alla società pluralista.

Nel nostro documento viene ribadito che il matrimonio è costituito dall’unione di un uomo e di una donna che scelgono pubblicamente di portare avanti assieme un progetto condiviso, in solidarietà e fedeltà, ed aperto alla procreazione e all’educazione dei figli, anche adottati.
Inoltre vi si chiarisce che la famiglia costituisce un’entità pre-giuridica e prepolitica, distinta e prioritaria rispetto a qualsiasi altra aggregazione umana. Essa possiede diritti propri quale “nucleo fondamentale della società”, ed ha diritto ad essere protetta persino dalla società e dallo Stato.

Certo, non idealizziamo la realtà: siamo e dobbiamo essere consapevoli delle distorsioni presenti anche nelle famiglie. L’unione matrimoniale può diventare uno spazio di relazioni soggetto a forti tensioni,a conflitti, abusi ed ingiustizie che devono essere sanzionate opportunamente dal legislatore.
Inoltre non neghiamo la possibilità di altre formazioni sociali: esse sono legittime e possono e devono essere normate, ma sarebbe uno svarione confonderle con la famiglia così come è stata universalmente intesa nella storia umana, o attribuire compiti che sono propri ed esclusivi della famiglia.

Vedete, questa concezione è condivisa dalla stragrande maggioranza degli evangelici italiani, più di mezzo milione di italiani, ed avversata solo dal protestantesimo storico di teologia liberale - circa 12/15.000 aderenti -  che rappresenta circa il 3/4% dell’evangelismo in Italia.

Desidero darvi queste notizie per farvi comprendere quanto sia importante che tutti possano esprimere la loro opinione, proprio in virtù di quel principio di pluralismo che è necessario sempre ribadire in questo paese. Sappiate tutti che la stragrande maggioranza degli evangelici italiani hanno preso in parola quanto affermato dal Signore Gesù Cristo in modo incisivo ed essenziale quando gli fu chiesta una opinione esplicita sulla famiglia, e che coloro che vogliono discostarsi da questa prospettiva in Italia sono piccola parte del protestantesimo.

Ed anche sappiate che gli Evangelici sono stati sempre presenti nei momenti cruciali dell’Italia. Lo sono stati durante il Risorgimento, quando diedero un contributo significativo all’Unità D'Italia. Lo furono durante il Fascismo, quando gli evangelici e i pentecostali in particolare, vennero perseguitati e diedero una dimostrazione straordinaria di amare il Paese, in un momento in cui il potere e lo Stato ne rinnegavano i valori fondanti. E lo siamo oggi, nel 21° secolo, per ribadire quei valori, sempre più necessari alla convivenza pacifica nella società contemporanea: il pluralismo, la libertà religiosa e la famiglia come pensabili nel campo di quella “anteriorità sociale” non assoggettabile alle ridefinizioni di uno statalismo onnivoro che cerca di pontificare su tutto e gestire talvolta ciò che non gli compete.

Vedete, i nostri padri e le nostre madri costituenti, avevano chiara questa visione dell’anteriorità antropologica e pre-politica dei principi fondamentali. Nella Costituzione usarono l’espressione “la Repubblica riconosce” - e non definisce – in tre specifici casi:
- Il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo (articolo 2), sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità”, che esistono ben prima dello Stato;
- Il riconoscimento delle autonomie locali (articolo 5) perché la Repubblica nasce per articolare comunità locali e relazionali già esistenti;
- In particolare lo fece per la famiglia (articolo 29) quale società naturale fondata sul matrimonio.

Un principio semplice e chiaro: ciò che è prepolitico, non è soggetto a ridefinizioni dello Stato. Laddove questo dovesse succedere – ossia lo Stato decidesse di entrare a gamba tesa in una prerogativa non di sua competenza - assistiamo ad un evidente tentativo di ingerenza statalista.

Fondata universalmente ed in ogni tempo sul matrimonio fra un uomo ed una donna, la famiglia preesiste allo stesso Stato che nei suoi riguardi ha costituzionalmente deciso di limitarsi ad esercitare una funzione di tutela, salvaguardia e promozione. Alla Costituente si ritrovarono tutti in questa espressione: se i cattolici rinunciarono a formule canonistiche, i giusnaturalisti e i razionalisti condivisero le parole scelte e l’esplicito riferimento al principio di eguaglianza tra i coniugi.

La famiglia è l’unico luogo dove il bambino può crescere e formarsi stabilmente nel rispetto della diversità, perché in essa egli vi trova due metriche: una bilanciata diversità di genere (tra la mamma e il papà) ed una distanza generazionale (tra i genitori e i figli).

Ecco perché l’articolo 37della nostra Costituzione afferma esplicitamente – rimuovendo ogni possibilità di malcomprensione - la “essenziale funzione familiare della madre”. Se una funzione è essenziale, secondo voi cosa significa? Può non esserci la donna perché di papà ce ne sono due? No, secondo la Costituzione, no. Il professore Ainis, che è persona competente ed anche grande risorsa per il bene comune, lo sa ma dovrebbe anche dirlo.

Allora dispiace vedere in dibattiti e nella discussione pubblica persone che non riescano ad avere una visione d’insieme della nostra Carta, oppure che – ancora peggio – omettano di citarne parti fondamentali per confondere le acque della comprensione.

In conclusione, credo che in questa assemblea ci siano molte cose, anche molto importanti, sulle quali non siamo d’accordo tra noi qui, ciononostante penso che tantissimi desiderano promuovere il valore fondamentale della famiglia per il bene della società. Allora lasciatemi concludere con due brevi suggerimenti da parte degli Evangelici per il bene della famiglia

- Il primo consiglio che vorrei dare a tutti noi qui - me compreso -, è che se vogliamo davvero promuovere la famiglia è necessario cominciare a farlo in prima persona, adoperandoci con impegno e responsabilità nella nostra famiglia. Le famiglie, cari amici, sono dei cantieri: c’è da lavorare molto e non possiamo esimerci da questa responsabilità.

- Poi vorrei dire a tutti noi che per promuovere la famiglia vanno evitati isterismi ed esasperazioni come anche ogni atteggiamento estremistico riscontrabile in quelle persone che non sono abituate a vivere in un contesto sociale pluralistico.

Se saremo all’altezza delle nostre responsabilità certamente potremo dare un contributo positivo alla crescita dell’Italia e dell’Europae lavorare per il bene comune delle nostre società, come luoghi accoglienti e plurali dove le famiglie riescano ad offrire il loro capitale sociale insostituibile. Grazie. (GC)