Cappellani militari, a quando un vero pluralismo religioso?

Vecchio confessionalismo in un recente accordo tra Governo e Vaticano

Roma (AEI), 21 febbraio 2018 – Niente di nuovo sotto il sole, ma la consapevolezza di un reiterato privilegio a scapito di condizioni di vero pluralismo religioso e quindi di vera libertà religiosa. Un recente accordo del Governo italiano con il Vaticano (8 febbraio 2018) ha confermato la corresponsione di un alto stipendio, dello status giuridico e della posizione sociale dei cappellani militari - solo cattolici - che costerà alle casse dello stato circa 10 milioni di euro ogni anno. La riduzione paventata del numero di cappellani (da 204 a 162) è solo formale visto che l'organico effettivo è sempre stato inferiore ( solo 150 nel 2017). 

Con questo atto il governo Gentiloni ufficializza un vero paradosso istituzionale chiaramente riesumando il principio della religione di stato: i cappellani cattolici sono "figure autonome rispetto all’organizzazione militare” ma mutuano da essa i medesimi trattamenti economici di grado.

L'arretratezza del provvedimento è palese se si pensa che il principale cappellano di Garibaldi fosse protestante e che nel 1915 il generale Cadorna riconobbe, oltre ai cappellani cattolici, anche alcuni evangelici ed  ebrei. Persino durante il regime fascista non si arrivò al confessionalismo contemporaneo: seppure avversati dal clero cattolico, ed esigui per ragioni di coscienza, erano presenti cappellani evangelici (G. Rochat, I cappellani valdesi, Torino, Claudiana 1996).

Il quadro normativo italiano in tema di cappellania risulta addirittura stravagante se si guarda a quanto in esso previsto in relazione alla Croce Rossa, l'organizzazione nata per iniziativa dall'evangelico Henry Dunant (uomo del Reveil svizzero e  primo premio Nobel della storia) proprio negli stessi anni in cui Papa Pio IX era impegnato a condannare persino "le società di mutuo  soccorso" (Enciclica Quanto Conficiamur, Pio IX, 10 Agosto 1863). Ebbene, la Croce Rossa, da sempre improntata al pluralismo nei suoi principi statutari, in Italia ha dovuto ingoiare la forzatura di vedere riconosciuti solo cappellani cattolici e previo "nulla osta dell'Ordinario Militare" (art. 1646, D.lgs. n. 66 del 2010).
 
In definitiva la figura del cappellano militare continua tuttora a essere riservata nel nostro ordinamento solamente a “sacerdoti cattolici” (art. 17, D. lgs n. 66 del 2010), i quali soltanto risultano essere organicamente integrati nell’organizzazione militare con costi completamente a carico di quest’ultima, quindi di tutti i contribuenti. Per i militari di altri culti non è previsto un analogo servizio di assistenza spirituale stabile ma solo la possibilità di ricevere l’assistenza di propri ministri (art. 1471, co. 1, 4), chiamati quindi a svolgere un servizio volontario su richiesta dei singoli fedeli. Va ricordato che alla luce delle recenti restrizioni sui requisiti, essere riconosciuto ministro di culto resta impresa ardua e quasi impossibile per le confessioni senza intesa.

Lo sfondo è sempre quello della Legge 512/1961 secondo la quale l'assistenza spirituale alle Forze armate dello Stato "ha il compito di integrare, secondo i principi della religione cattolica, la formazione spirituale delle Forze Armate stesse” (art. 1, comma 1).